L'avevo visto al cinema quando uscì e poi basta. Così, quando Netflix l'ha arruolato tra i suoi contenuti, mi ha incuriosito rivederlo.
Film 1259: "Constantine" (2005) di Francis Lawrence
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Cast particolarmente ben assortito - e lungimirante, se si pensa che la maggior parte degli attori ora sono vere e proprie star -, storia curiosa e certamente esteticamente curata, risultato finale sufficientemente interessante da valere la visione. Forse il vero difetto di questa pellicola è che per quanto è costata (100 milioni di dollari!) non riesce comunque a non sembrare un film di serie B. Non so se sia la presenza di Reeves, il fatto che all'epoca il resto del cast era praticamente sconosciuto o ancora se non sia che il risultato finale mi ha ricordato più volte "Silent Hill", di fatto la sensazione che ho avuto è stata sempre quella della produzione che prova a sfondare con l'idea furbetta, più che con i numeri per farlo. Di fatto ce n'è un po' per tutti i gusti: Paradiso vs Inferno, Dio e Diavolo, arcangeli, lotta fra bene e male, esplosioni e sparatorie, esorcismi, demoni e possessioni, esoterismo, gemelli omozigoti, momenti horror... Insomma, più che una storia sembra un mix di elementi eterogenei tutti mescolati assieme a sputar fuori un racconto che spazia tra il religioso e il sacrilego, giocherellando con teologia e thriller, baggianate e alcune trovate (nel contesto) geniali. Dunque l'anima del "non mi prendo troppo sul serio", ma lo faccio seriamente.
Forse è addirittura questa sorta di dualismo interno che mi ha lasciato la sensazione di un blockbuster a metà, in ogni caso per il resto "Constantine" non è un titolo malvagio e certamente riesce nell'intento di intrattenere il suo pubblico con non pochi espedienti d'effetto, il cui più efficace è certamente la scelta di Tilda Swinton nei panni dell'Arcangelo Gabriele. In ogni caso sì, non si tratta di un capolavoro e certamente alcune cose potevano essere ripensate (forse un pizzico di ironia in più, giusto per far davvero pensare che non ci si prendesse troppo sul serio), ma il risultato finale non mi sembra pessimo, ovvero conforme al ricordo che nel tempo avevo conservato: un film carino e dimenticabile.
Cast: Keanu Reeves, Rachel Weisz, Shia LaBeouf, Tilda Swinton, Pruitt Taylor Vince, Djimon Hounsou, Peter Stormare.
Box Office: $230.9 milioni
Consigli: Tratto dal fumetto "Hellblazer", questo film gioca su atmosfere dark e tinte horror, chiama moltissimo in causa la religione e sfrutta il suo protagonista a volte immergendolo nuovamente in contesti "alla Matrix" che non sempre sono funzionali. In ogni caso, sapendo a cosa si va incontro, "Constantine" non è una scelta malvagia per una serata di disimpegno e riesce nell'intento di creare un piccolo universo i cui elementi sono a volte creativamente molto elaborati. Insomma, tutto sommato non è male.
Parola chiave: Cancro ai polmoni.
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Bengi
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giovedì 15 dicembre 2016
Film 1260 - Constantine
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martedì 26 aprile 2016
Film 1121 - Risorto
Doppio appuntamento pomeridiano al cinema dopo l'estenuante esame di Comunicazione politica.
Film 1121: "Risorto" (2016) di Kevin Reynolds
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tutto un grandissimo mah.
Premesso che pensavo si trattasse della storia di Lazzaro (alzati e cammina), in ogni caso questa pellicola non mi ha per nulla soddisfatto. Noiosa, mal recitata (da Fiennes) e troppo improntata alla religiosità per i miei gusti, questo "Risen" è stato una vera e propria delusione.
Pur tentando di proporre allo spettatore un prodotto di media qualità - il budget di 20 milioni di dollari non è poi altissimo - il risultato finale è evidentemente mediocre, più che altro per una fotografia non eccelasa e l'evitare il più possibile l'utilizzo di effetti speciali impegnativi (la Sacra Sindone è leggermente imbarazzante).
Il risultato finale, dunque, non è particolarmente riuscito e, credo, finirà per appassionare solo coloro che siano già interessati all'argomento per fede o identificazione di valori. Per quanto mi riguarda, al di là della mia iniziale delusione per non aver minimamente centrato il tema portante della trama (e per dover assistere all'ennesima trasposizione della crocifissione di Gesù e successiva resurrezione), ho trovato il tutto poco innovativo e ancorato a una visione della fede più mistica che consapevole e, naturalmente, qui più legata all'intrattenimento.
Cast: Joseph Fiennes, Tom Felton, Peter Firth, Cliff Curtis, María Botto, Luis Callejo, Antonio Gil, Stewart Scudamore, Mark Killeen, Jan Cornet.
Box Office: $44.6 milioni
Consigli: Di tutti i titoli legati all'universo della cristianità questo non è certamente dei più riusciti, pur elevandosi leggermente rispetto alle mie basse aspettative. Rimane il fatto che si tratti di una pellicola a budget ridotto che, quindi, deve convivere con una serie di mancanze che ne intaccano il risultato finale. La trovata di chiamare Gesù Yeshua e il fatto che la storia sia presentata dal punto di vista dei romani fa si che questa operazione ne tragga una connotazione personale inusuale per questo tipo di pellicole, anche se questo non basta a rendere il tutto sufficientemente riuscito. Insomma, "Risorto" è più un prodotto per chi è davvero interessato che per il pubblico occasionale.
Parola chiave: Corpo.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 1121: "Risorto" (2016) di Kevin Reynolds
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tutto un grandissimo mah.
Premesso che pensavo si trattasse della storia di Lazzaro (alzati e cammina), in ogni caso questa pellicola non mi ha per nulla soddisfatto. Noiosa, mal recitata (da Fiennes) e troppo improntata alla religiosità per i miei gusti, questo "Risen" è stato una vera e propria delusione.
Pur tentando di proporre allo spettatore un prodotto di media qualità - il budget di 20 milioni di dollari non è poi altissimo - il risultato finale è evidentemente mediocre, più che altro per una fotografia non eccelasa e l'evitare il più possibile l'utilizzo di effetti speciali impegnativi (la Sacra Sindone è leggermente imbarazzante).
Il risultato finale, dunque, non è particolarmente riuscito e, credo, finirà per appassionare solo coloro che siano già interessati all'argomento per fede o identificazione di valori. Per quanto mi riguarda, al di là della mia iniziale delusione per non aver minimamente centrato il tema portante della trama (e per dover assistere all'ennesima trasposizione della crocifissione di Gesù e successiva resurrezione), ho trovato il tutto poco innovativo e ancorato a una visione della fede più mistica che consapevole e, naturalmente, qui più legata all'intrattenimento.
Cast: Joseph Fiennes, Tom Felton, Peter Firth, Cliff Curtis, María Botto, Luis Callejo, Antonio Gil, Stewart Scudamore, Mark Killeen, Jan Cornet.
Box Office: $44.6 milioni
Consigli: Di tutti i titoli legati all'universo della cristianità questo non è certamente dei più riusciti, pur elevandosi leggermente rispetto alle mie basse aspettative. Rimane il fatto che si tratti di una pellicola a budget ridotto che, quindi, deve convivere con una serie di mancanze che ne intaccano il risultato finale. La trovata di chiamare Gesù Yeshua e il fatto che la storia sia presentata dal punto di vista dei romani fa si che questa operazione ne tragga una connotazione personale inusuale per questo tipo di pellicole, anche se questo non basta a rendere il tutto sufficientemente riuscito. Insomma, "Risorto" è più un prodotto per chi è davvero interessato che per il pubblico occasionale.
Parola chiave: Corpo.
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giovedì 28 maggio 2015
Film 925 - Una settimana da Dio
Ormai ho capito che certe cose che vorrei vedere a Luigi non sono gradite. Per recuperarle dovevo solo capire quale fosse l'occasione perfetta...
Film 925: "Una settimana da Dio" (2003) di Tom Shadyac
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Era da un po' che volevo rivederlo, quasi non ricordavo più quale fosse la trama. L'occasione giusta si è presentata grazie alla quotidiana corsa serale, che mi ha concesso di vedere primo e secondo tempo durante due allenamenti: è stato piacevole distrarsi dalla fatica grazie a qualche risata e una storia rilassante.
Ho rivisto volentierissimo questo "Bruce Almighty" infatti, era esattamente quello che mi ci voleva, connubio di leggerezza e spensieratezza utilissimo a dimenticarsi che si sta correndo come pazzi sul tapis roulant, perfetto anche perché certe gag del film sono ormai diventate memorabili. Come dimenticare la scena di Bruce (Jim Carrey) che, investito dei poteri divini, cammina per la strada intonando fiero "I've got the power!" (dalla canzone "The Power" degli Snap!)? O quando insegna al suo cane a fare pipì... in bagno, direttamente nel water? O ancora quando sperimenta le sue nuove "abilità" separando la zuppa come fossero le acque del Mar Rosso? Insomma, di scene iconiche ce ne sono in quantità.
Il punto, poi, era proprio quello: ricordavo bene tutte quelle scene geniali, divertenti e irriverenti legate ai poteri divini di Bruce, ma di fatto non molto del resto della trama. Che, chiaramente, non ha niente di speciale e segue le necessità di portare sullo schermo il puro divertimento, la novità degli effetti speciali fatti come si deve e, non ultimo, le plastiche capacità espressive di Carrey, suo marchio di fabbrica grazie a una filmografia che per un po' ha puntato principalmente su quella specifica abilità. Poco male, "Una settimana da Dio" promette spasso ed è esattamente ciò che si ottiene.
Quindi direi che la scelta è stata azzeccata, questa commedia dal sapore divino è riuscita nuovamente a farmi sorridere e, devo ammettere, parte da un'idea interessante, anche se di fatto qui non sviluppata: cosa faremmo se fossimo investiti dei poteri di Dio stesso? Cosa diventeremmo, o chi, se disponessimo delle sue illimitate potenzialità? E' una bella domanda, da porsi magari a film finito. Qui non c'è troppo spazio per la riflessione interiore e le spicce lezioni di vita che il protagonista impara sono le solite che ogni pellicola per la distribuzione di massa inserisce quando si tratta di parlare di religione: ascoltare il prossimo, rispettare sé stessi e Dio, non essere egoisti, eccetera eccetera. Giustamente la sede per le interrogazioni spirituali non era questa e a parte riportare la pace nel mondo di Bruce, della sua fidanzata (Jennifer Aniston) e, sì, anche di Dio (Morgan Freeman), il film non si spinge oltre. Meglio così, stiamo parlando di una commedia e il risultato finale doveva essere proprio quello che la storia propone.
Ps. Cameo di Tony Bennett, oggi conosciuto anche dai più giovani grazie alla sua collaborazione musicale con Lady Gaga.
Box Office: $484.6 milioni
Consigli: Divertente, con un Jim Carrey in splendida forma, questo "Una settimana da Dio" ingrana la marcia giusta non appena compare in scena Dio. La rivalità tra Bruce e il perfettino Evan Baxter (Steve Carell) verrà sfruttata nel successivo e più debole sequel dal titolo "Un'impresa da Dio", anche se il suo personaggio dà il meglio di sé nella fantastica scena di lettera impazzita del goppo durante la diretta tv, anche quella già cult. Insomma, per farsi qualche risata spensierata, sia da soli che tra amici, di sicuro questo è un titolo da tenere in considerazione nonostante i 12 anni ormai passati dalla sua realizzazione. E' ancora in grado di far ridere, nonostante le scene viste e riviste. Quasi un classico del suo genere.
Parola chiave: La vita è un biscotto ma se piove si scioglie.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 925: "Una settimana da Dio" (2003) di Tom Shadyac
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Era da un po' che volevo rivederlo, quasi non ricordavo più quale fosse la trama. L'occasione giusta si è presentata grazie alla quotidiana corsa serale, che mi ha concesso di vedere primo e secondo tempo durante due allenamenti: è stato piacevole distrarsi dalla fatica grazie a qualche risata e una storia rilassante.
Ho rivisto volentierissimo questo "Bruce Almighty" infatti, era esattamente quello che mi ci voleva, connubio di leggerezza e spensieratezza utilissimo a dimenticarsi che si sta correndo come pazzi sul tapis roulant, perfetto anche perché certe gag del film sono ormai diventate memorabili. Come dimenticare la scena di Bruce (Jim Carrey) che, investito dei poteri divini, cammina per la strada intonando fiero "I've got the power!" (dalla canzone "The Power" degli Snap!)? O quando insegna al suo cane a fare pipì... in bagno, direttamente nel water? O ancora quando sperimenta le sue nuove "abilità" separando la zuppa come fossero le acque del Mar Rosso? Insomma, di scene iconiche ce ne sono in quantità.
Il punto, poi, era proprio quello: ricordavo bene tutte quelle scene geniali, divertenti e irriverenti legate ai poteri divini di Bruce, ma di fatto non molto del resto della trama. Che, chiaramente, non ha niente di speciale e segue le necessità di portare sullo schermo il puro divertimento, la novità degli effetti speciali fatti come si deve e, non ultimo, le plastiche capacità espressive di Carrey, suo marchio di fabbrica grazie a una filmografia che per un po' ha puntato principalmente su quella specifica abilità. Poco male, "Una settimana da Dio" promette spasso ed è esattamente ciò che si ottiene.
Quindi direi che la scelta è stata azzeccata, questa commedia dal sapore divino è riuscita nuovamente a farmi sorridere e, devo ammettere, parte da un'idea interessante, anche se di fatto qui non sviluppata: cosa faremmo se fossimo investiti dei poteri di Dio stesso? Cosa diventeremmo, o chi, se disponessimo delle sue illimitate potenzialità? E' una bella domanda, da porsi magari a film finito. Qui non c'è troppo spazio per la riflessione interiore e le spicce lezioni di vita che il protagonista impara sono le solite che ogni pellicola per la distribuzione di massa inserisce quando si tratta di parlare di religione: ascoltare il prossimo, rispettare sé stessi e Dio, non essere egoisti, eccetera eccetera. Giustamente la sede per le interrogazioni spirituali non era questa e a parte riportare la pace nel mondo di Bruce, della sua fidanzata (Jennifer Aniston) e, sì, anche di Dio (Morgan Freeman), il film non si spinge oltre. Meglio così, stiamo parlando di una commedia e il risultato finale doveva essere proprio quello che la storia propone.
Ps. Cameo di Tony Bennett, oggi conosciuto anche dai più giovani grazie alla sua collaborazione musicale con Lady Gaga.
Box Office: $484.6 milioni
Consigli: Divertente, con un Jim Carrey in splendida forma, questo "Una settimana da Dio" ingrana la marcia giusta non appena compare in scena Dio. La rivalità tra Bruce e il perfettino Evan Baxter (Steve Carell) verrà sfruttata nel successivo e più debole sequel dal titolo "Un'impresa da Dio", anche se il suo personaggio dà il meglio di sé nella fantastica scena di lettera impazzita del goppo durante la diretta tv, anche quella già cult. Insomma, per farsi qualche risata spensierata, sia da soli che tra amici, di sicuro questo è un titolo da tenere in considerazione nonostante i 12 anni ormai passati dalla sua realizzazione. E' ancora in grado di far ridere, nonostante le scene viste e riviste. Quasi un classico del suo genere.
Parola chiave: La vita è un biscotto ma se piove si scioglie.
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giovedì 22 gennaio 2015
Film 865 - I, Frankenstein
Primo film del 2015 visto, per l'occasione, a pranzo con Licia.
Film 865: "I, Frankenstein" (2014) di Stuart Beattie
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Non che sia molto di più della boiata che uno ci si aspetterebbe da un film come "I, Frankenstein", però non ho molto capito il perché del clamoroso flop al botteghino e delle critiche rabbiose. Voglio dire, ok descriverlo per quello che è, ma non c'è davvero bisogno di infierire. Anche perché chi guarda questa pellicola plausibilmente cerca solo un passatempo senza impegno, per cui mi sembra logico che la produzione si diriga coscientemente in questa direzione.
Ecco perché, a visione completata, non ho potuto fare a meno di domandarmi il motivo di tale rifiuto massificato di questo tentativo di rilanciare Aaron Eckhart dopo la repentina fine del piglio internazionale della sua carriera ("Erin Brockovich - Forte come la verità", 2000; "Thank You for Smoking", 2005, anche candidato al Golden Globe; "Il cavaliere oscuro", 2008). Sinceramente il film è un evidente tentativo di botto al box office mal riuscito, ma non è che mancassero davvero i presupposti per racimolare ben più di quella miseria che è stata incassata. Voglio dire, ci sono film ben più brutti che hanno ottenuto risultati molto più incoraggianti, quindi la cosa in sé per me rimane un mistero.
In definitva, quindi, definirei questo titolo come un film mediocre che sfrutta l'appeal di un personaggio estremamente iconico come quello di Frankenstein cercando di dargli un piglio più moderno e appetibile per il grande pubblico. Esplosioni, quindi, botte da orbi, demoni e gargoyles, in un mix fin troppo audace che sente il bisogno addirittura di scomodare Dio. Forse il passo fatto è stato più lungo della gamba, forse Aaron Eckhart non era il protagonista giusto per trascinare le masse al cinema, forse non basta un personaggio mitico per dire di avere un film con qualcosa da dire (vero "Dracula Untold"?).
Box Office: $71,154,592
Consigli: Ero intenzionato a vederlo perché mi interessava capire quale errore di produzione fosse stato fatto qui per determinare una tale disfatta: trama, effetti speciali, attori? Di fatto il tutto è genericamente accettabile - tranne il fatto che il corpo di Adam sia maledettamente coeso per essere formato da pezzi di persone diverse - nell'ottica di uno svago che richieda il minimo sforzo di attenzione. Non è nulla di che, manca di epicità, personaggi interessanti e di protagonisti più rilevanti, francamente (chi è Yvonne Strahovski addirittura citata nel trailer?!). Si può vedere senza che nessuno né soffra e, al contempo, lo si può non vedere senza che la cosa crei una mancanza.
Parola chiave: Anima.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 865: "I, Frankenstein" (2014) di Stuart Beattie
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Non che sia molto di più della boiata che uno ci si aspetterebbe da un film come "I, Frankenstein", però non ho molto capito il perché del clamoroso flop al botteghino e delle critiche rabbiose. Voglio dire, ok descriverlo per quello che è, ma non c'è davvero bisogno di infierire. Anche perché chi guarda questa pellicola plausibilmente cerca solo un passatempo senza impegno, per cui mi sembra logico che la produzione si diriga coscientemente in questa direzione.
Ecco perché, a visione completata, non ho potuto fare a meno di domandarmi il motivo di tale rifiuto massificato di questo tentativo di rilanciare Aaron Eckhart dopo la repentina fine del piglio internazionale della sua carriera ("Erin Brockovich - Forte come la verità", 2000; "Thank You for Smoking", 2005, anche candidato al Golden Globe; "Il cavaliere oscuro", 2008). Sinceramente il film è un evidente tentativo di botto al box office mal riuscito, ma non è che mancassero davvero i presupposti per racimolare ben più di quella miseria che è stata incassata. Voglio dire, ci sono film ben più brutti che hanno ottenuto risultati molto più incoraggianti, quindi la cosa in sé per me rimane un mistero.
In definitva, quindi, definirei questo titolo come un film mediocre che sfrutta l'appeal di un personaggio estremamente iconico come quello di Frankenstein cercando di dargli un piglio più moderno e appetibile per il grande pubblico. Esplosioni, quindi, botte da orbi, demoni e gargoyles, in un mix fin troppo audace che sente il bisogno addirittura di scomodare Dio. Forse il passo fatto è stato più lungo della gamba, forse Aaron Eckhart non era il protagonista giusto per trascinare le masse al cinema, forse non basta un personaggio mitico per dire di avere un film con qualcosa da dire (vero "Dracula Untold"?).
Box Office: $71,154,592
Consigli: Ero intenzionato a vederlo perché mi interessava capire quale errore di produzione fosse stato fatto qui per determinare una tale disfatta: trama, effetti speciali, attori? Di fatto il tutto è genericamente accettabile - tranne il fatto che il corpo di Adam sia maledettamente coeso per essere formato da pezzi di persone diverse - nell'ottica di uno svago che richieda il minimo sforzo di attenzione. Non è nulla di che, manca di epicità, personaggi interessanti e di protagonisti più rilevanti, francamente (chi è Yvonne Strahovski addirittura citata nel trailer?!). Si può vedere senza che nessuno né soffra e, al contempo, lo si può non vedere senza che la cosa crei una mancanza.
Parola chiave: Anima.
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giovedì 17 luglio 2014
Film 743 - The Best Man Holiday
Una pellicola facile facile per distrarsi un po'.
Film 743: "The Best Man Holiday" (2013) di Malcolm D. Lee
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Il tempismo della programmazione italiana è qualcosa che va oltre l'uomanamente comprensibile, ovvero come piazzare un film di Natale in piena estate.
Fosse solo questo, poi, sarebbe solo una questione di nonsense, ma se consideriamo che la cinematografia all-black non è esattamente cult nel nostro Paese e tenendo presente che per i cinema i mesi estivi sono notoriamente quelli meno affollati... non posso non chiedermi: perché? Non è poi un caso se l'incasso al primo weekend di uscita è in ventesima posizione con un "bottino" di 11.383€. Imbarazzante.
Premessa fatta - poi non lamentiamoci che in Italia la gente non va al cinema - devo dire che ho trovato questo "The Best Man Holiday" conforme alle aspettative e, anche se non avevo visto il primo film di cui questo è sequel (e l'ho scoperto solo a visione iniziata), piuttosto comprensibile, facile da seguire e prevedibile. Cavoli quanto piace ai neri parlare di Gesù.
La morale cristiana qui è sguinzagliata senza freni e le occasioni di buonismo guastano il piacere della meschineria superficiale, unica alleata di battute che facciano sorridere. Insomma, il film procede dritto per il binario della prevedibilità, tra qualche battuta e molto, molto, molto spirito natalizio. Il che, come ci tengo a ribadire, è davvero fuori tempo massimo.
Quindi, niente di che.
Box Office: $71,625,195
Consigli: Sulla scia di pellicole come "Amore e altri guai" e "L'amore in valigia", una tragicommedia romantica natalizia all black che da noi esce a luglio e che, probabilmente, sarebbe meglio vedere durante le feste. Troppo sdolcinata per questa calura estiva.
Parola chiave: Autobiografia.
Trailer
Bengi
Film 743: "The Best Man Holiday" (2013) di Malcolm D. Lee
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Il tempismo della programmazione italiana è qualcosa che va oltre l'uomanamente comprensibile, ovvero come piazzare un film di Natale in piena estate.
Fosse solo questo, poi, sarebbe solo una questione di nonsense, ma se consideriamo che la cinematografia all-black non è esattamente cult nel nostro Paese e tenendo presente che per i cinema i mesi estivi sono notoriamente quelli meno affollati... non posso non chiedermi: perché? Non è poi un caso se l'incasso al primo weekend di uscita è in ventesima posizione con un "bottino" di 11.383€. Imbarazzante.
Premessa fatta - poi non lamentiamoci che in Italia la gente non va al cinema - devo dire che ho trovato questo "The Best Man Holiday" conforme alle aspettative e, anche se non avevo visto il primo film di cui questo è sequel (e l'ho scoperto solo a visione iniziata), piuttosto comprensibile, facile da seguire e prevedibile. Cavoli quanto piace ai neri parlare di Gesù.
La morale cristiana qui è sguinzagliata senza freni e le occasioni di buonismo guastano il piacere della meschineria superficiale, unica alleata di battute che facciano sorridere. Insomma, il film procede dritto per il binario della prevedibilità, tra qualche battuta e molto, molto, molto spirito natalizio. Il che, come ci tengo a ribadire, è davvero fuori tempo massimo.
Quindi, niente di che.
Box Office: $71,625,195
Consigli: Sulla scia di pellicole come "Amore e altri guai" e "L'amore in valigia", una tragicommedia romantica natalizia all black che da noi esce a luglio e che, probabilmente, sarebbe meglio vedere durante le feste. Troppo sdolcinata per questa calura estiva.
Parola chiave: Autobiografia.
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Bengi
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lunedì 5 maggio 2014
Film 707 - Noah
Tornato in Italia, questo è il primo film che ho visto (e che, francamente, ero molto curioso di vedere).
Film 707: "Noah" (2014) di Darren Aronofsky
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Forse mi aspettavo qualcosa di più... biblico (letteralmente)? Forse mi aspettavo qualcosa di meno... triste? Insomma, 125 milioni di dollari per produrre... questo? Cos'è, un biblio-fantasy? Dio è diventato il 'Creatore', Noé fa a botte, angeli di pura luce (...) che precipitano sulla terra divenendo Vigilanti di pietra? Sinceramente: ma di cosa stiamo parlando?
Preciso: se fosse stato un fantasy, niente di che. Ma perché scegliere questa storia e rivederla in questo specifico modo? Non è una critica, ma proprio una curiosità a cui non riesco a trovare una risposta. Dato che mi pare evidente che la narrazione di un fatto, religiosamente parlando, non fosse l'interesse ultimo del film, qual è lo scopo di rivedere così la storia?
Me lo sono chiesto perché, al di là delle mirabolanti avventure di Noé, della sua follia pseudo religiosa, della sua famiglia devota più a lui che al Creatore e di tutti gli effetti speciali utilizzati, non ho proprio colto il perché si è voluto raccontare questa vicenda. Il messaggio religioso poteva benissimo essere veicolato attraverso la narrazione 'biblica'. Se si avesse, invece, voluto raccontare una storia di fantasia, bastava scriverne una. La commistione di questi due elementi insieme ha generato, a mio avviso, solo un gran francasso mediatico, privo però di un fulcro ripieno di contenuti, scopi e, in ultima analisi, qualcosa da mostrare. Insomma, "Noah" si segue, per carità, ma ne rimane ben poco dopo la visione.
Russell Crowe, ormai granitico pacioccone, è il prescelto di una confessione divina che passa per il sogno, ma sarebbe incomprensibile a chiunque altro fuori che lui. L'arca, costruita necessariamente attraverso l'aiuto dei Vigilanti - uno degli unici due scopi che hanno queste 'figure' di pietra, l'altro è proteggere Noé e la sua famiglia dalle altre persone durante il diluvio -, è qualcosa di mastodontico che sottintende, tra le altre cose, che il nostro protagonista fosse qauntomeno ingegnere. Gli altri personaggi del film, ovvero la sventurata famiglia, sono più che altro comparse su uno sfondo fatto per molto tempo di sola acqua. Curioso che entrambe le coppie Crowe- Jennifer Connelly e Emma Watson-Logan Lerman si ritrovino in questo comune set bagnato, dopo aver già intrapreso l'avventura di girare un film insieme (rispettivamente "A Beautiful Mind" e "Noi siamo infinito") e certamente più riuscito di questo. Che, per carità, non è che non svolga a dovere il suo compito di intrattenre, ma fallisce nel trovare una sua dimensione, relegando agli effetti speciali un ruolo da protagonista che, alla fine, è inevitabilmente poco incisivo. Peccato, perché il regista Aronofsky è quel genio che ha partorito "Black Swan" e il cast è certamente di tutto rispetto (i tre premi Oscar Russell Crowe, Jennifer Connelly e Anthony Hopkins, poi Emma Watson, Logan Lerman, Ray Winstone, Douglas Booth, Nick Nolte). Spero non si pensi di girare un sequel, questo basta e avanza.
Box Office: $320,664,746
Consigli: Blockbuster di colossali dimensioni, dai numeri certo interessanti, ma dal contenuto un po' piatto. Belli gli effetti speciali e sicuramente anche di intrattenimento l'insieme, ma manca "un'anima" che differenzi questo prodotto da una miriade di fotocopie visivamente e narrativamente simili. Russell Crowe ormai è un cartonato. Peccato.
Parola chiave: Arca.
Trailer
Bengi
Film 707: "Noah" (2014) di Darren Aronofsky
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Forse mi aspettavo qualcosa di più... biblico (letteralmente)? Forse mi aspettavo qualcosa di meno... triste? Insomma, 125 milioni di dollari per produrre... questo? Cos'è, un biblio-fantasy? Dio è diventato il 'Creatore', Noé fa a botte, angeli di pura luce (...) che precipitano sulla terra divenendo Vigilanti di pietra? Sinceramente: ma di cosa stiamo parlando?
Preciso: se fosse stato un fantasy, niente di che. Ma perché scegliere questa storia e rivederla in questo specifico modo? Non è una critica, ma proprio una curiosità a cui non riesco a trovare una risposta. Dato che mi pare evidente che la narrazione di un fatto, religiosamente parlando, non fosse l'interesse ultimo del film, qual è lo scopo di rivedere così la storia?
Me lo sono chiesto perché, al di là delle mirabolanti avventure di Noé, della sua follia pseudo religiosa, della sua famiglia devota più a lui che al Creatore e di tutti gli effetti speciali utilizzati, non ho proprio colto il perché si è voluto raccontare questa vicenda. Il messaggio religioso poteva benissimo essere veicolato attraverso la narrazione 'biblica'. Se si avesse, invece, voluto raccontare una storia di fantasia, bastava scriverne una. La commistione di questi due elementi insieme ha generato, a mio avviso, solo un gran francasso mediatico, privo però di un fulcro ripieno di contenuti, scopi e, in ultima analisi, qualcosa da mostrare. Insomma, "Noah" si segue, per carità, ma ne rimane ben poco dopo la visione.
Russell Crowe, ormai granitico pacioccone, è il prescelto di una confessione divina che passa per il sogno, ma sarebbe incomprensibile a chiunque altro fuori che lui. L'arca, costruita necessariamente attraverso l'aiuto dei Vigilanti - uno degli unici due scopi che hanno queste 'figure' di pietra, l'altro è proteggere Noé e la sua famiglia dalle altre persone durante il diluvio -, è qualcosa di mastodontico che sottintende, tra le altre cose, che il nostro protagonista fosse qauntomeno ingegnere. Gli altri personaggi del film, ovvero la sventurata famiglia, sono più che altro comparse su uno sfondo fatto per molto tempo di sola acqua. Curioso che entrambe le coppie Crowe- Jennifer Connelly e Emma Watson-Logan Lerman si ritrovino in questo comune set bagnato, dopo aver già intrapreso l'avventura di girare un film insieme (rispettivamente "A Beautiful Mind" e "Noi siamo infinito") e certamente più riuscito di questo. Che, per carità, non è che non svolga a dovere il suo compito di intrattenre, ma fallisce nel trovare una sua dimensione, relegando agli effetti speciali un ruolo da protagonista che, alla fine, è inevitabilmente poco incisivo. Peccato, perché il regista Aronofsky è quel genio che ha partorito "Black Swan" e il cast è certamente di tutto rispetto (i tre premi Oscar Russell Crowe, Jennifer Connelly e Anthony Hopkins, poi Emma Watson, Logan Lerman, Ray Winstone, Douglas Booth, Nick Nolte). Spero non si pensi di girare un sequel, questo basta e avanza.
Box Office: $320,664,746
Consigli: Blockbuster di colossali dimensioni, dai numeri certo interessanti, ma dal contenuto un po' piatto. Belli gli effetti speciali e sicuramente anche di intrattenimento l'insieme, ma manca "un'anima" che differenzi questo prodotto da una miriade di fotocopie visivamente e narrativamente simili. Russell Crowe ormai è un cartonato. Peccato.
Parola chiave: Arca.
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Bengi
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lunedì 10 febbraio 2014
Film 668 - I dieci comandamenti
Questi sì che sono i film che si devono vedere almeno una volta nella vita! E colossal sia!
Film 668: "I dieci comandamenti" (1956) di Cecil B. DeMille
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un carrozzone delle meraviglie ricolmo di sfarzo, gioiellini tecnologici, set faraonici (letteralmente), grandissime stelle del cinema (Charlton Heston, Yul Brynner, Anne Baxter), una storia tratta dal libro più venduto di tutti i tempi, grandi pretese di verità, stereotipi a non finire, elementi kitsch, amori, disavventure, conversioni, verdognoli gas mortali, schiavitù, emancipazione, persecuzione, falsi idoli e tavole di pietra scritte dal fuoco. C'è tutto quello che si possa desiderare in questo prodotto cinematografico, sforzo sovrumano di produzione per il pubblico generalista che, all'epoca, non ha tardato a ricompensare l'immenso lavoro di Cecil B. DeMille.
220 minuti di film sono qualcosa di apparentemente inaffrontabile per l'uomo moderno, eppure una volta si portava nelle sale la gente anche con titoli come questo, riuscendo nell'impresa di incassare tanto e lasciar pienamente soddisfatto il pubblico.
Visto con occhi moderni "I dieci comandamenti" è una pellicola ingenua che si basa troppo su una caratterizzazione dei personaggi legata a fede, miti o leggende ed inevitabilmente da questo punto di vista l'approccio è fallimentare. Mi rendo conto, però, che sia sciocco guardare un film di 58 anni fa utilizzando lo stesso metro di giudizio utilizzato per le pellicole contemporanee, quindi mi limito a dire che, per quanto riguarda l'aspetto tecnico, qui si parla di capolavoro. Effetti speciali per l'epoca grandiosi, maestosi, da noi addirittura impensabili anche solo fino a un ventennio (uhm... decennio?) fa. La necessità di trattare la storia di Mosè dagli albori implica una serie di passaggi pseudo storici che impongono un avanzato uso della tecnologia e, in questo, gli americani sono imbattibili.
Per quanto riguarda la trama, invece, bisogna innanzitutto considerare che non tutti possono necessariamente condividere questa visione così filocattolica delle origini del mondo, quindi va tutto preso con le pinze. Chiaramente, nell'ottica di una disillusione totale nei confronti dell'approccio religioso, tutto quanto è qui raccontato rappresenta nulla più che una storia come un'altra, basata su fantascientifici avvenimenti che hanno dell'incredibile. In alternativa, volendo crederci, la ricostruzione è dettagliata, ma rimane molto superficialmente legata a una serie di visioni della vita che si esprimono attraverso una caratterizzazione piuttosto banale di ogni personaggio. Solo per dire, Mosè è assolutamente buono, assolutamente giusto, assolutamente fedele alla parola di Dio, assolutamente fedele al suo credo, assolutamente determinato a salvare il suo popolo di origine. Con tutta questa tendenza all'assoluto si fatica ad intravedere un barlume di veridicità anche solo parziale.
Ciò detto, rimane che "The Ten Commandments" sia un film assolutamente da vedere almeno una volta nella vita poiché, assieme ad altri titoli cult, rappresenta anche lui a suo modo un'eccellenza umana nel consacrare la creatività all'arte. Può non piacere, in definitiva, ma non si può dire che questo film non abbia in qualche modo influito o influenzato la storia del cinema commerciale moderno.
Ps. 7 nomination all'Oscar - tra cui quella per Miglior film - e una statuetta vinta per i Migliori effetti speciali.
Box Office: $122.7 millioni (l'incasso mondiale, aggiustato tenendo conto dell'inflazione, ammonta a qualcosa come $2,098,600,000)
Consigli: Inevitabilmente è necessario avere molto da dedicare alla visione del film. Sarebbe meglio avere compagnia, perché un po' di commento durante la visione non solo è divertente e piacevole, ma aiuta anche a superare i momenti più lenti o meno interessanti. La trasformazione di Charlton Heston da giovane principe d'Egitto ad allampanato speaker della voce di Dio è tra lo stereotipo dell'uomo saggio e il kitsch, ma l'attore in ogni caso non ne perde in fascino. Anne Baxter da amare dal primo all'ultimo minuto. Lei, ma anche i suoi magnifici outfit fascianti in stile peplum, che hanno senso nell'Egitto faraonico come una t-shirt alla corte del Re Sole.
Parola chiave: Vero Dio.
Trailer
Bengi
Film 668: "I dieci comandamenti" (1956) di Cecil B. DeMille
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un carrozzone delle meraviglie ricolmo di sfarzo, gioiellini tecnologici, set faraonici (letteralmente), grandissime stelle del cinema (Charlton Heston, Yul Brynner, Anne Baxter), una storia tratta dal libro più venduto di tutti i tempi, grandi pretese di verità, stereotipi a non finire, elementi kitsch, amori, disavventure, conversioni, verdognoli gas mortali, schiavitù, emancipazione, persecuzione, falsi idoli e tavole di pietra scritte dal fuoco. C'è tutto quello che si possa desiderare in questo prodotto cinematografico, sforzo sovrumano di produzione per il pubblico generalista che, all'epoca, non ha tardato a ricompensare l'immenso lavoro di Cecil B. DeMille.
220 minuti di film sono qualcosa di apparentemente inaffrontabile per l'uomo moderno, eppure una volta si portava nelle sale la gente anche con titoli come questo, riuscendo nell'impresa di incassare tanto e lasciar pienamente soddisfatto il pubblico.
Visto con occhi moderni "I dieci comandamenti" è una pellicola ingenua che si basa troppo su una caratterizzazione dei personaggi legata a fede, miti o leggende ed inevitabilmente da questo punto di vista l'approccio è fallimentare. Mi rendo conto, però, che sia sciocco guardare un film di 58 anni fa utilizzando lo stesso metro di giudizio utilizzato per le pellicole contemporanee, quindi mi limito a dire che, per quanto riguarda l'aspetto tecnico, qui si parla di capolavoro. Effetti speciali per l'epoca grandiosi, maestosi, da noi addirittura impensabili anche solo fino a un ventennio (uhm... decennio?) fa. La necessità di trattare la storia di Mosè dagli albori implica una serie di passaggi pseudo storici che impongono un avanzato uso della tecnologia e, in questo, gli americani sono imbattibili.
Per quanto riguarda la trama, invece, bisogna innanzitutto considerare che non tutti possono necessariamente condividere questa visione così filocattolica delle origini del mondo, quindi va tutto preso con le pinze. Chiaramente, nell'ottica di una disillusione totale nei confronti dell'approccio religioso, tutto quanto è qui raccontato rappresenta nulla più che una storia come un'altra, basata su fantascientifici avvenimenti che hanno dell'incredibile. In alternativa, volendo crederci, la ricostruzione è dettagliata, ma rimane molto superficialmente legata a una serie di visioni della vita che si esprimono attraverso una caratterizzazione piuttosto banale di ogni personaggio. Solo per dire, Mosè è assolutamente buono, assolutamente giusto, assolutamente fedele alla parola di Dio, assolutamente fedele al suo credo, assolutamente determinato a salvare il suo popolo di origine. Con tutta questa tendenza all'assoluto si fatica ad intravedere un barlume di veridicità anche solo parziale.
Ciò detto, rimane che "The Ten Commandments" sia un film assolutamente da vedere almeno una volta nella vita poiché, assieme ad altri titoli cult, rappresenta anche lui a suo modo un'eccellenza umana nel consacrare la creatività all'arte. Può non piacere, in definitiva, ma non si può dire che questo film non abbia in qualche modo influito o influenzato la storia del cinema commerciale moderno.
Ps. 7 nomination all'Oscar - tra cui quella per Miglior film - e una statuetta vinta per i Migliori effetti speciali.
Box Office: $122.7 millioni (l'incasso mondiale, aggiustato tenendo conto dell'inflazione, ammonta a qualcosa come $2,098,600,000)
Consigli: Inevitabilmente è necessario avere molto da dedicare alla visione del film. Sarebbe meglio avere compagnia, perché un po' di commento durante la visione non solo è divertente e piacevole, ma aiuta anche a superare i momenti più lenti o meno interessanti. La trasformazione di Charlton Heston da giovane principe d'Egitto ad allampanato speaker della voce di Dio è tra lo stereotipo dell'uomo saggio e il kitsch, ma l'attore in ogni caso non ne perde in fascino. Anne Baxter da amare dal primo all'ultimo minuto. Lei, ma anche i suoi magnifici outfit fascianti in stile peplum, che hanno senso nell'Egitto faraonico come una t-shirt alla corte del Re Sole.
Parola chiave: Vero Dio.
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martedì 30 aprile 2013
Film 542 e 546 - Oblivion
Due lunedì con "Oblivion". La settimana scorsa la prima visione tra stanchezza e pisolini, ieri la seconda... integrale!

Film 542: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Film 546: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Padre
Pensieri: La prima volta che ho visto "Oblivion" mi ha sinceramente deluso. La stanchezza del viaggio di ritorno dalla Toscana si è fatta sentire durante la visione del secondo tempo, dopo una prima parte lenta (anche se affascinante e visivamente suggestiva) e ha finito per influenzare pesantemente il mio giudizio su questa pellicola dello stesso regista di "Tron: Legacy". Mancandomi una buona parte dei punti chiave per leggere e mettere insieme gli spezzoni visti tra un momento di siesta sulla poltrona e l'altro, non riuscivo a capire come potessero certi avvenimenti avessero un senso o non sembrare ridicoli. Com'è possibile, per esempio, che Jack tra tutti gli umani del mondo, ritrovi proprio sua moglie, appena precipitata dallo spazio? Diciamo che mi sembrava quantomeno un po' forzata come cosa...
Dopo la seconda visione di ieri sera, invece, i pezzi hanno trovato il modo di incastrarsi, per la maggior parte funzionando. Rimango scettico sulla scelta del finale, in particolare su Sally, ma il resto degli spezzoni che avevo visto hanno finito per andare ognuno al proprio posto. E così "Oblivion" è finito per essermi abbastanza piaciuto.
Inevitabilmente questo giudizio è imprescindibilmente legato al fatto che la prima volta l'ho trovato completamente sconnesso e, avendo con piacere constatato che alla fine un senso c'era, la cosa mi ha soddisfatto. In quest'ottica mi sono goduto un film che, però, dura troppo.
La prima parte, ben dettagliata, curata e resa spettacolarmente dagli effetti speciali, è però alla lunga pesante da affrontare in quanto, per la maggior parte del tempo, non succede nulla. E' nella seconda parte che finalmente si passa, più che all'azione - che c'è, ma finisce per rivestire un ruolo secondario rispetto alla parte della trama in cui tutti i misteri vengono svelati -, alla vera parte interessante di questa pellicola. Anche se, come dicevo, non è un successo su tutti i fronti.
La virata aliena alla "2001: Odissea nello spazio", infatti, non mi ha convinto. La battuta peggiore è sicuramente "Io sono il tuo dio" pronunciata da una Sally in via d'estinzione, incapace di combattere un Jack figlio della sua stessa mano, quasi decisa a morire senza opporre resistenza.
Ed è in quel momento che secondo me "Oblivion" non funziona come dovrebbe. Perché mai Sally (inutile dire che parlo della sua manifestazione aliena) dovrebbe far accedere Jack all'interno della sua sede, cuore pulsante di un'attività aliena fatta di saccheggio e clonazione, dopo aver puntato contro gli umani praticamente qualunque arma a sua disposizione, per poi arrendersi senza un motivo valido? Jack/Tom Cruise è palesemente colpevole di ammutinamento-in-divenire e Sally per un attimo lo sospetta, ma cede abbindolata da una scusa che sa di poco credibile; per poi tentare, nel finale, di salvarsi con la famigerata frase-boiata citata prima.
Lo sci-fi che sconfina nel minatissimo universo costellato di creazioni, clonazioni e paternità, dovrebbe quantomeno evitare di scadere in cliché già molto abusati - per non dire un po' ridicoli - dove tecnologie aliene di non ben identificata natura finiscono per autodefinirsi onnipotenti semidei. Mi è sembrato che, con questa scelta, si sia optato per un finale privo di originalità, lasciato in pasto ad un pubblico abbagliato dalla perfezione tecnica della resa e, forse, più disponibile a sorvolare su una mancanza di idee per chiudere tutta una serie di premesse iniziali capaci di solleticare davvero la curiosità.
A questo proposito, va detto che per il resto "Oblivion" fa il suo dovere, impiantando egregiamente nello spettatore il seme della curiosità. Che ci sia molto più di quanto non venga svelato - a noi e alla coppia Jack + Victoria/Andrea Riseborough - è evidente quasi da subito e, grazie alla mia seconda visione, ho colto molti più dettagli e suggerimenti lasciati dalla sceneggiatura (per esempio: perché mai i due protagonisti vivono con in casa un drone per il quale Missione non manda mai i pezzi di ricambio...?). Per essere un blockbuster da grande distribuzione ha anche una discreta caratterizzazione dei due personaggi principali (la figura di Julia/Olga Kurylenko non la prendo nemmeno in considerazione, è un personaggio tanto piatto quanto il ruolo che deve rivestire all'interno dell'intreccio narrativo) e, per quanto senza troppe pretese, l'opposizione di curiosità, intuito e apertura mentale (Jack) contro la paura, la rigidità e chiusura mentale (Victoria) risulta particolarmente incisiva e ruscita all'interno del racconto.
Insomma, ammetto che per certi aspetti "Oblivion" mi è sembrato capace di funzionare e mi ha lasciato soddisfatto. Cade, invece, quando si inerpica per territori più complessi (altre forme di vita + resistenza + dio + clonazione + autocoscienza delle macchine) o quando si fa influenzare da atteggiamenti di banale superficialità alla pellicola da pubblico generalista.
Ps. Tom Cruise ritrova il grande successo commerciale, piazzandosi primo in classifica in molti Paesi tra cui Italia e Stati Uniti, portando a casa un incasso mondiale (dopo due sole settimane) di $198,831,000.
Consigli: Colonna sonora estremamente simile a quella del duo francese Daft Punk realizzata per il precedente film di Kosinski, solo che questa volta i francesi a realizzarla sono stati gli M83. Quest'ultima, assieme agli effetti speciali e, devo dirlo, ad un'interpretazione convincente di Cruise, sono i motivi per cui si può dare una chanche a questa pellicola. Le influenze proprio di "TRON: Legacy" e anche di "Inception" si ritrovano spesso, quindi chi ha gradito gli altri due, troverà sicuramente interessante anche questo film.
Parola chiave: Coppia efficiente.
Trailer
Bengi


Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Film 546: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Padre
Pensieri: La prima volta che ho visto "Oblivion" mi ha sinceramente deluso. La stanchezza del viaggio di ritorno dalla Toscana si è fatta sentire durante la visione del secondo tempo, dopo una prima parte lenta (anche se affascinante e visivamente suggestiva) e ha finito per influenzare pesantemente il mio giudizio su questa pellicola dello stesso regista di "Tron: Legacy". Mancandomi una buona parte dei punti chiave per leggere e mettere insieme gli spezzoni visti tra un momento di siesta sulla poltrona e l'altro, non riuscivo a capire come potessero certi avvenimenti avessero un senso o non sembrare ridicoli. Com'è possibile, per esempio, che Jack tra tutti gli umani del mondo, ritrovi proprio sua moglie, appena precipitata dallo spazio? Diciamo che mi sembrava quantomeno un po' forzata come cosa...
Dopo la seconda visione di ieri sera, invece, i pezzi hanno trovato il modo di incastrarsi, per la maggior parte funzionando. Rimango scettico sulla scelta del finale, in particolare su Sally, ma il resto degli spezzoni che avevo visto hanno finito per andare ognuno al proprio posto. E così "Oblivion" è finito per essermi abbastanza piaciuto.
Inevitabilmente questo giudizio è imprescindibilmente legato al fatto che la prima volta l'ho trovato completamente sconnesso e, avendo con piacere constatato che alla fine un senso c'era, la cosa mi ha soddisfatto. In quest'ottica mi sono goduto un film che, però, dura troppo.
La prima parte, ben dettagliata, curata e resa spettacolarmente dagli effetti speciali, è però alla lunga pesante da affrontare in quanto, per la maggior parte del tempo, non succede nulla. E' nella seconda parte che finalmente si passa, più che all'azione - che c'è, ma finisce per rivestire un ruolo secondario rispetto alla parte della trama in cui tutti i misteri vengono svelati -, alla vera parte interessante di questa pellicola. Anche se, come dicevo, non è un successo su tutti i fronti.
La virata aliena alla "2001: Odissea nello spazio", infatti, non mi ha convinto. La battuta peggiore è sicuramente "Io sono il tuo dio" pronunciata da una Sally in via d'estinzione, incapace di combattere un Jack figlio della sua stessa mano, quasi decisa a morire senza opporre resistenza.
Ed è in quel momento che secondo me "Oblivion" non funziona come dovrebbe. Perché mai Sally (inutile dire che parlo della sua manifestazione aliena) dovrebbe far accedere Jack all'interno della sua sede, cuore pulsante di un'attività aliena fatta di saccheggio e clonazione, dopo aver puntato contro gli umani praticamente qualunque arma a sua disposizione, per poi arrendersi senza un motivo valido? Jack/Tom Cruise è palesemente colpevole di ammutinamento-in-divenire e Sally per un attimo lo sospetta, ma cede abbindolata da una scusa che sa di poco credibile; per poi tentare, nel finale, di salvarsi con la famigerata frase-boiata citata prima.
Lo sci-fi che sconfina nel minatissimo universo costellato di creazioni, clonazioni e paternità, dovrebbe quantomeno evitare di scadere in cliché già molto abusati - per non dire un po' ridicoli - dove tecnologie aliene di non ben identificata natura finiscono per autodefinirsi onnipotenti semidei. Mi è sembrato che, con questa scelta, si sia optato per un finale privo di originalità, lasciato in pasto ad un pubblico abbagliato dalla perfezione tecnica della resa e, forse, più disponibile a sorvolare su una mancanza di idee per chiudere tutta una serie di premesse iniziali capaci di solleticare davvero la curiosità.
A questo proposito, va detto che per il resto "Oblivion" fa il suo dovere, impiantando egregiamente nello spettatore il seme della curiosità. Che ci sia molto più di quanto non venga svelato - a noi e alla coppia Jack + Victoria/Andrea Riseborough - è evidente quasi da subito e, grazie alla mia seconda visione, ho colto molti più dettagli e suggerimenti lasciati dalla sceneggiatura (per esempio: perché mai i due protagonisti vivono con in casa un drone per il quale Missione non manda mai i pezzi di ricambio...?). Per essere un blockbuster da grande distribuzione ha anche una discreta caratterizzazione dei due personaggi principali (la figura di Julia/Olga Kurylenko non la prendo nemmeno in considerazione, è un personaggio tanto piatto quanto il ruolo che deve rivestire all'interno dell'intreccio narrativo) e, per quanto senza troppe pretese, l'opposizione di curiosità, intuito e apertura mentale (Jack) contro la paura, la rigidità e chiusura mentale (Victoria) risulta particolarmente incisiva e ruscita all'interno del racconto.
Insomma, ammetto che per certi aspetti "Oblivion" mi è sembrato capace di funzionare e mi ha lasciato soddisfatto. Cade, invece, quando si inerpica per territori più complessi (altre forme di vita + resistenza + dio + clonazione + autocoscienza delle macchine) o quando si fa influenzare da atteggiamenti di banale superficialità alla pellicola da pubblico generalista.
Ps. Tom Cruise ritrova il grande successo commerciale, piazzandosi primo in classifica in molti Paesi tra cui Italia e Stati Uniti, portando a casa un incasso mondiale (dopo due sole settimane) di $198,831,000.
Consigli: Colonna sonora estremamente simile a quella del duo francese Daft Punk realizzata per il precedente film di Kosinski, solo che questa volta i francesi a realizzarla sono stati gli M83. Quest'ultima, assieme agli effetti speciali e, devo dirlo, ad un'interpretazione convincente di Cruise, sono i motivi per cui si può dare una chanche a questa pellicola. Le influenze proprio di "TRON: Legacy" e anche di "Inception" si ritrovano spesso, quindi chi ha gradito gli altri due, troverà sicuramente interessante anche questo film.
Parola chiave: Coppia efficiente.
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sabato 3 novembre 2012
Film 475 - Jumping the Broom
Se per me questo non era un titolo sconosciuto, per la mia cara amica Licia era certamente qualcosa di cui non aveva mai sentito parlare. Ma, siccome siamo una coppia di cinefili sperimentatori, non abbiamo resistito alla tentazione di buttarci nell'ennesimo esperimento.
Film 475: "Jumping the Broom" (2011) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Pellicola all-black multigenere praticamente sconosciuta da noi (su wiki Italia non c'è nemmeno la scheda) che però arriva doppiata e storpiata nel titolo al grido di "Amore e altri guai".
Dato che è inutile spiegare perchè ho preferito mantenere il titolo originale in questa scheda (tra l'altro il significato che esprime è simbolico e legato al gesto di saltare la scopa durante la celebrazione del matrimonio, che serviva a suggellare di fatto l'unione tra gli schiavi nelle comunità afro-americane), procedo direttamente dicendo che il film è così così. Alcune gag sono simpatiche ed effettivamente certi comprimari tengono bene la scena, ma di fatto ho trovato davvero troppo disturbante la costante e pressante presenza di Dio in ogni discorso proferito.
Per quanto effettivamente non dovrebbe suonare strana questa critica, specialmente perchè parliamo di un film sul matrimonio, devo dire che non mi aspettassi davvero una tale pressione cristiana da parte degli sceneggiatori. Tra l'altro con un uso stupido, superficiale ed utilitaristico (primo esempio: la protagonista Sabrina prega il Signore perchè le faccia trovare l'uomo della sua vita...). Questa ostentazione religiosa è fastidiosa e davvero superflua.
Ma, come dicevo prima, questa è una pellicola multigenere, figlia di una produzione legata ad un certo target di pubblico che apprezza questo tipo di prodotti. Ma il romanticismo e la religione non bastano. Ci vuole lo spirito da commedia, il percorso di formazione (le madri), lo stile ghetto, un cast all-black per l'identificazione e, chiaramente, l'happy ending a coronare il sogno d'amore dei due piccioncini.
Scesi a patti con la realtà dei fatti, si può accettare la visione di "Jumping the Broom" senza provare momenti di particolare insofferenza.
Un elemento molto negativo, però, che ci tengo a sottolineare è la presenta dell'attrice Paula Patton (già vista in "Mission: Impossible - Protocollo fantasma" e "Precious") che ha l'irritante capacità di sembrare sempre sotto l'effetto di metanfetamine. Storpiata in una smorfia continua di finta felicità prenuziale, risulta antipatica e finta, nonché incapace della semplice recitazione basic e disimpegnata come una commediola come questa vorrebbe. Insopportabile.
Infine davvero di cattivo gusto il colpo basso della madre Loretta Devine (famosa per il suo ruolo in "Grey's Anatomy") che spiffera il segreto nascosto della famiglia Watson solo per il piacere di dimostrare che anche gente del ghetto può risultare migliore di quelli della upper class.
Nel cast, oltre alle attrici già citate, troviamo anche Angela Bassett (nominata all'Oscar per "Tina - What's Love Got to Do with It", bio-drama sulla vita di Tina Turner), Laz Alonso ("Avatar", "Jarhead") e Julie Bowen (due Emmy Awards per "Modern Family"). Ps. Box office in linea con il target di nicchia: $37,710,610 a fronte di una spesa di $6.6 milioni.
Consigli: Niente di che, comunque passabile per una serata piacevole tra amici e una pellicola di compagnia priva di qualunque pretesa culturale o di contenuti. Innocua.
Parola chiave: Scopa.
Trailer
BB
Film 475: "Jumping the Broom" (2011) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Pellicola all-black multigenere praticamente sconosciuta da noi (su wiki Italia non c'è nemmeno la scheda) che però arriva doppiata e storpiata nel titolo al grido di "Amore e altri guai".
Dato che è inutile spiegare perchè ho preferito mantenere il titolo originale in questa scheda (tra l'altro il significato che esprime è simbolico e legato al gesto di saltare la scopa durante la celebrazione del matrimonio, che serviva a suggellare di fatto l'unione tra gli schiavi nelle comunità afro-americane), procedo direttamente dicendo che il film è così così. Alcune gag sono simpatiche ed effettivamente certi comprimari tengono bene la scena, ma di fatto ho trovato davvero troppo disturbante la costante e pressante presenza di Dio in ogni discorso proferito.
Per quanto effettivamente non dovrebbe suonare strana questa critica, specialmente perchè parliamo di un film sul matrimonio, devo dire che non mi aspettassi davvero una tale pressione cristiana da parte degli sceneggiatori. Tra l'altro con un uso stupido, superficiale ed utilitaristico (primo esempio: la protagonista Sabrina prega il Signore perchè le faccia trovare l'uomo della sua vita...). Questa ostentazione religiosa è fastidiosa e davvero superflua.
Ma, come dicevo prima, questa è una pellicola multigenere, figlia di una produzione legata ad un certo target di pubblico che apprezza questo tipo di prodotti. Ma il romanticismo e la religione non bastano. Ci vuole lo spirito da commedia, il percorso di formazione (le madri), lo stile ghetto, un cast all-black per l'identificazione e, chiaramente, l'happy ending a coronare il sogno d'amore dei due piccioncini.
Scesi a patti con la realtà dei fatti, si può accettare la visione di "Jumping the Broom" senza provare momenti di particolare insofferenza.
Un elemento molto negativo, però, che ci tengo a sottolineare è la presenta dell'attrice Paula Patton (già vista in "Mission: Impossible - Protocollo fantasma" e "Precious") che ha l'irritante capacità di sembrare sempre sotto l'effetto di metanfetamine. Storpiata in una smorfia continua di finta felicità prenuziale, risulta antipatica e finta, nonché incapace della semplice recitazione basic e disimpegnata come una commediola come questa vorrebbe. Insopportabile.
Infine davvero di cattivo gusto il colpo basso della madre Loretta Devine (famosa per il suo ruolo in "Grey's Anatomy") che spiffera il segreto nascosto della famiglia Watson solo per il piacere di dimostrare che anche gente del ghetto può risultare migliore di quelli della upper class.
Nel cast, oltre alle attrici già citate, troviamo anche Angela Bassett (nominata all'Oscar per "Tina - What's Love Got to Do with It", bio-drama sulla vita di Tina Turner), Laz Alonso ("Avatar", "Jarhead") e Julie Bowen (due Emmy Awards per "Modern Family"). Ps. Box office in linea con il target di nicchia: $37,710,610 a fronte di una spesa di $6.6 milioni.
Consigli: Niente di che, comunque passabile per una serata piacevole tra amici e una pellicola di compagnia priva di qualunque pretesa culturale o di contenuti. Innocua.
Parola chiave: Scopa.
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venerdì 26 agosto 2011
Film 293 - I guardiani del destino
Dopo l'uscita americana a marzo, attendevo l'arrivo nelle nostre sale di questa pellicola con impazienza...

Film 293: "I guardiani del destino" (2011) di George Nolfi
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Michele
Pensieri: Curioso di vedere questa pellicola col duo Matt Damon-Emily Blunt, ho aspettato ansioso che uscisse anche in Italia "The Adjustment Bureau" (titolo originale), film tratto da un racconto del solito Philip K. Dick e che, dal trailer, si dimostrava potenzialmente interessante.
Sulla tematica del libero arbitrio umano, di quanto influiscano certi eventi nella nostra vita, se possa o meno esistere qualcuno al di sopra di noi a 'guidarci' si è molto detto, scritto, e girato. Qui l'argomento - certamente intrigante - è trattato piacevolmente nella prima parte, con un certo tocco thriller che dona allo svolgimento una marcia in più (finché tutto rimane misterioso), ma poi si perde nel finale con virata mistica che declassa il risultato finale a sostanziale boiata.
Ammetto che, non avendo letto il racconto originale, non posso fare un vero e proprio confronto, ma posso certamente dire che, rispetto alle mie aspettative, "I guardiani del destino" sia stato deludente.
Critiche varie (e competenti), poi, hanno voluto la Blunt sottotono, rasente al minimo sindacale. Non posso certo supporre che aspirasse all'Oscar con questo ruolo, ma devo ammettere che non mi è parsa poi così fuori forma (ma i tempi de "Il diavolo veste Prada" sono lontani!).
In tutto questo, comunque, cio che più mi ha colpito è l'ostinazione caparbia di David Norris/Damon, capace di sfidare il soprannaturale pur di poter rimanere con la donna che ama. Amore come motore di una rivolta, unico appiglio per la restistenza e l'affermazione di sé stessi è, chiaramente, molto poetico (quasi eroico), ma, da cinico, non ho potuto fare a meno di chiedermi quanto concretamente - supponendo questa quale situazione reale - un individuo si metterebbe in pericolo solo per coronare il sogno di una storia appena sbocciata (ma proprio appena appena!). L'incertezza caratteristica di tale sentimento può essere effettivamente ignorata tanto da rendere il sentimento 'amore' unico motore di questa storia?
Suppongo che, nel racconto, un'incertezza di base nel suo protagonista sia resa con più efficacia. Qui, invece, stupisce un po' l'agire sicuro e senza indugi di David nonostante, come si diceva, la storia tra lui e Elise sia appena cominciata.
Una caratterizzazione un attimo più approfondita dei due personaggi avrebbe, forse, reso più giustizia ad una storia intrigante (sulla carta), ma sciupata in nome di effetti speciali e idee più facilmente commerciabili.
Consigli: Macchinoso e un po' banale nel finale, può essere giusto un intrattenimento senza pretese, più commerciale di quanto non si sperasse potesse essere.
Parola chiave: Amore.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

Film 293: "I guardiani del destino" (2011) di George Nolfi
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Michele
Pensieri: Curioso di vedere questa pellicola col duo Matt Damon-Emily Blunt, ho aspettato ansioso che uscisse anche in Italia "The Adjustment Bureau" (titolo originale), film tratto da un racconto del solito Philip K. Dick e che, dal trailer, si dimostrava potenzialmente interessante.
Sulla tematica del libero arbitrio umano, di quanto influiscano certi eventi nella nostra vita, se possa o meno esistere qualcuno al di sopra di noi a 'guidarci' si è molto detto, scritto, e girato. Qui l'argomento - certamente intrigante - è trattato piacevolmente nella prima parte, con un certo tocco thriller che dona allo svolgimento una marcia in più (finché tutto rimane misterioso), ma poi si perde nel finale con virata mistica che declassa il risultato finale a sostanziale boiata.
Ammetto che, non avendo letto il racconto originale, non posso fare un vero e proprio confronto, ma posso certamente dire che, rispetto alle mie aspettative, "I guardiani del destino" sia stato deludente.
Critiche varie (e competenti), poi, hanno voluto la Blunt sottotono, rasente al minimo sindacale. Non posso certo supporre che aspirasse all'Oscar con questo ruolo, ma devo ammettere che non mi è parsa poi così fuori forma (ma i tempi de "Il diavolo veste Prada" sono lontani!).
In tutto questo, comunque, cio che più mi ha colpito è l'ostinazione caparbia di David Norris/Damon, capace di sfidare il soprannaturale pur di poter rimanere con la donna che ama. Amore come motore di una rivolta, unico appiglio per la restistenza e l'affermazione di sé stessi è, chiaramente, molto poetico (quasi eroico), ma, da cinico, non ho potuto fare a meno di chiedermi quanto concretamente - supponendo questa quale situazione reale - un individuo si metterebbe in pericolo solo per coronare il sogno di una storia appena sbocciata (ma proprio appena appena!). L'incertezza caratteristica di tale sentimento può essere effettivamente ignorata tanto da rendere il sentimento 'amore' unico motore di questa storia?
Suppongo che, nel racconto, un'incertezza di base nel suo protagonista sia resa con più efficacia. Qui, invece, stupisce un po' l'agire sicuro e senza indugi di David nonostante, come si diceva, la storia tra lui e Elise sia appena cominciata.
Una caratterizzazione un attimo più approfondita dei due personaggi avrebbe, forse, reso più giustizia ad una storia intrigante (sulla carta), ma sciupata in nome di effetti speciali e idee più facilmente commerciabili.
Consigli: Macchinoso e un po' banale nel finale, può essere giusto un intrattenimento senza pretese, più commerciale di quanto non si sperasse potesse essere.
Parola chiave: Amore.
Trailer
#HollywoodCiak
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sabato 3 aprile 2010
Film 97 - Legion
Lo ammetto: non sapevamo cosa guardare...

Film 97: "Legion" (2010) di Scott Stewart
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Ale
Pensieri: Non spenderò troppe parole su questo film davvero indecente.
A) Non c'è una trama. Come per molti film ambientati in un unico set, si rischia di lasciare allo spettatore la sensazione che in realtà non sia successo niente durante lo svolgimento della storia. Qui sicuramente c'è anche da tener conto del fatto che non c'è una trama...
B) Le frasi da filmone apocalittico sono talmente abusate che risultano infinitamente ridicole.
C) E' evidente, ormai, che un film con Dennis Quaid è sinonimo di cazzata allo stato puro.
D) La scena (anche nel trailer) con la vecchietta free climber è una cosa ridicola, fa ridere per quanto stona perfino in questo contesto.
E) La conclusione con il dio capriccioso, furbetto e manipolatore è indigesta perfino a chi non ha fede. Che lo sceneggiatore abbia un po' esagerato?
Conclusione: un film d'azione in cui la cosa più adrenalinica proposta (tra un deserto di sabbia e il mutismo dei protagonisti) è il parto del novello Gesù in 35 secondi. Non ci siamo...
Consigli: Lasciam perdere va là.
Parola chiave: Gelataio.
Ric

Film 97: "Legion" (2010) di Scott Stewart
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Ale
Pensieri: Non spenderò troppe parole su questo film davvero indecente.
A) Non c'è una trama. Come per molti film ambientati in un unico set, si rischia di lasciare allo spettatore la sensazione che in realtà non sia successo niente durante lo svolgimento della storia. Qui sicuramente c'è anche da tener conto del fatto che non c'è una trama...
B) Le frasi da filmone apocalittico sono talmente abusate che risultano infinitamente ridicole.
C) E' evidente, ormai, che un film con Dennis Quaid è sinonimo di cazzata allo stato puro.
D) La scena (anche nel trailer) con la vecchietta free climber è una cosa ridicola, fa ridere per quanto stona perfino in questo contesto.
E) La conclusione con il dio capriccioso, furbetto e manipolatore è indigesta perfino a chi non ha fede. Che lo sceneggiatore abbia un po' esagerato?
Conclusione: un film d'azione in cui la cosa più adrenalinica proposta (tra un deserto di sabbia e il mutismo dei protagonisti) è il parto del novello Gesù in 35 secondi. Non ci siamo...
Consigli: Lasciam perdere va là.
Parola chiave: Gelataio.
Ric
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venerdì 15 gennaio 2010
Film 60 - Il dubbio
Finalmente comprato il dvd di questo film, non potevo attendere oltre per rivedere il capolavoro che l'anno scorso, prima degli Oscar, avevo visto in inglese. Questa volta, però, ho optato per l'italiano...

Film 60: "Il dubbio" (2009) di John Patrick Shanley
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: John Patrick Shanley non è solo il regista della pellicola, ma anche lo sceneggiatore e l'originale scrittore dell'opera teatrale che, tra gli altri premi, ha vinto un Pulitzer.
Questa è la premessa per "Il dubbio", film che l'anno scorso ha ricevuto 5 nomination all'Oscar di cui 4 nelle categorie recitative per gli attori principali (Meryl Streep, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams e Viola Davis) e una proprio a Shanley per la sceneggiatura.
Cosa si può chiedere di più a un film? Io, personalmente, nulla. Questo è a tutti gli effetti il mio film preferito del 2009. Non "The Millionaire" che, probabilmente, ha riscosso tanto successo per il tema trattato e l'idea positiva di lotta contro il sistema e del non arrendersi mai che in tempo di crisi fa sempre tanto bene. Qui tutto funziona: gli interpreti, i personaggi, la storia, l'ambientazione. C'è atmosfera, c'è tensione, c'è mistero, c'è dramma e, ovviamente, c'è il dubbio.
Già, di che cosa dubitiamo, qui? Dell'onestà delle persone. Tutte le persone in generale, perchè tutti hanno il loro passato e qualcosa, magari, da nascondere. Ma c'è un personaggio qui, che costringe a più domande degli altri: Padre Flynn. Ha o non ha abusato dell'unico bambino di colore della scuola della sua parrocchia? Sorella Aloysius Beauvier ci pensa, indaga e poi emette la sua sentenza. E' 'granitica', come lo stesso Padre la definisce. Ma non tutto è così limpido come potrebbe sembrare.
Il dubbio come trama e filo narrativo di una storia è decisamente una sfida affascinante di non facile portata. La bellezza stessa di questa pellicola è che riesce ad insinuarlo di soppiatto, silenziosamente fino a portarti a credere che effettivamente la verità potrebbe non appartenere a chi credevi. Dove sono le certezze?
A mio avviso, la potente arma di questa pellicola e della sceneggiatura stessa, sta nella finezza del suo autore e nella sua sottile idea di portare il 'buio' nel cuore di quella che dovrebbe essere la 'luce'. Se nemmeno in una scuola cattolica i principi cristiani riescono a garantire la purezza dell'individuo, vuol dire che non c'è speranza effettiva per nessuno in nessun luogo. La stessa Sorella Beauvier confessa di aver commesso peccato capitale, ma quale sia lo capiamo solo alla fine. Unica speranza in questa incertezza dilagante è il buon cuore di Sorella James, personaggio creato dall'autore ispirandosi ad una vera Sorella James avuta come insegnante da bambino proprio in una scuola cattolica del Bronx.
Shanley tesse, quindi, la trama per un racconto che lascia tantissimo spazio al non detto, all'espressività del volto e al carattere fortemente simbolico delle immagini. Alcuni episodi sono parabole stesse che aiutano a centrare il senso del taciuto, come fossero uno dei tanti sermoni di Padre Flynn (il più bello è quello sul pettegolezzo). Attenzione, quindi, alla lampadina che si fulmina due volte nell'ufficio di Sorella Beauvier (in inglese, rivolgendosi a Sorella James che le ha appena confidato gli strani comportamenti di Padre Flynn, le dice: "Look at that. You blew out my light". Letteralmente: mi hai fatto scoppiare la luce...), alla scelta della Sorella di aumentare la luce nel suo ufficio, mentre il Padre si alza per richiudere la tapparella e aumentare il buio, al corvo che anticipa l'arrivo del Padre nel giardino, al rosone con disegnato l'occhio di Dio che "guarda" Padre Flynn dall'alto di una scala o ancora il vento che cambia quando, secondo Sorella Beauvier, non era mai successo, sintomo del Mondo che cade a pezzi. Questi e molti altri simboli o riferimenti sono disseminati per la storia, il piacere di chi guarda sta nel trovarli e usarne l'interpretazione che preferisce.
Perchè se è vero che è facile giudicare superficialmente, non è altrettanto facile ricredersi. E qui, il dubbio, la fa sempre da padrone.
Ps. Attenzione alla madre del ragazzo di colore, un personaggio che fa rabbrividire.
Film 60 - Il dubbio
Film 125 - Il dubbio
Film 342 - Il dubbio
Film 2123 - Doubt
Consigli: Da guardare in italiano, in inglese, di giorno, di notte, dal lunedì alla domenica, in ogni occasione possibile! Bellissimo.
Parola chiave: Vino.
#HollywoodCiak
Bengi

Film 60: "Il dubbio" (2009) di John Patrick Shanley
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: John Patrick Shanley non è solo il regista della pellicola, ma anche lo sceneggiatore e l'originale scrittore dell'opera teatrale che, tra gli altri premi, ha vinto un Pulitzer.
Questa è la premessa per "Il dubbio", film che l'anno scorso ha ricevuto 5 nomination all'Oscar di cui 4 nelle categorie recitative per gli attori principali (Meryl Streep, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams e Viola Davis) e una proprio a Shanley per la sceneggiatura.
Cosa si può chiedere di più a un film? Io, personalmente, nulla. Questo è a tutti gli effetti il mio film preferito del 2009. Non "The Millionaire" che, probabilmente, ha riscosso tanto successo per il tema trattato e l'idea positiva di lotta contro il sistema e del non arrendersi mai che in tempo di crisi fa sempre tanto bene. Qui tutto funziona: gli interpreti, i personaggi, la storia, l'ambientazione. C'è atmosfera, c'è tensione, c'è mistero, c'è dramma e, ovviamente, c'è il dubbio.
Già, di che cosa dubitiamo, qui? Dell'onestà delle persone. Tutte le persone in generale, perchè tutti hanno il loro passato e qualcosa, magari, da nascondere. Ma c'è un personaggio qui, che costringe a più domande degli altri: Padre Flynn. Ha o non ha abusato dell'unico bambino di colore della scuola della sua parrocchia? Sorella Aloysius Beauvier ci pensa, indaga e poi emette la sua sentenza. E' 'granitica', come lo stesso Padre la definisce. Ma non tutto è così limpido come potrebbe sembrare.
Il dubbio come trama e filo narrativo di una storia è decisamente una sfida affascinante di non facile portata. La bellezza stessa di questa pellicola è che riesce ad insinuarlo di soppiatto, silenziosamente fino a portarti a credere che effettivamente la verità potrebbe non appartenere a chi credevi. Dove sono le certezze?
A mio avviso, la potente arma di questa pellicola e della sceneggiatura stessa, sta nella finezza del suo autore e nella sua sottile idea di portare il 'buio' nel cuore di quella che dovrebbe essere la 'luce'. Se nemmeno in una scuola cattolica i principi cristiani riescono a garantire la purezza dell'individuo, vuol dire che non c'è speranza effettiva per nessuno in nessun luogo. La stessa Sorella Beauvier confessa di aver commesso peccato capitale, ma quale sia lo capiamo solo alla fine. Unica speranza in questa incertezza dilagante è il buon cuore di Sorella James, personaggio creato dall'autore ispirandosi ad una vera Sorella James avuta come insegnante da bambino proprio in una scuola cattolica del Bronx.
Shanley tesse, quindi, la trama per un racconto che lascia tantissimo spazio al non detto, all'espressività del volto e al carattere fortemente simbolico delle immagini. Alcuni episodi sono parabole stesse che aiutano a centrare il senso del taciuto, come fossero uno dei tanti sermoni di Padre Flynn (il più bello è quello sul pettegolezzo). Attenzione, quindi, alla lampadina che si fulmina due volte nell'ufficio di Sorella Beauvier (in inglese, rivolgendosi a Sorella James che le ha appena confidato gli strani comportamenti di Padre Flynn, le dice: "Look at that. You blew out my light". Letteralmente: mi hai fatto scoppiare la luce...), alla scelta della Sorella di aumentare la luce nel suo ufficio, mentre il Padre si alza per richiudere la tapparella e aumentare il buio, al corvo che anticipa l'arrivo del Padre nel giardino, al rosone con disegnato l'occhio di Dio che "guarda" Padre Flynn dall'alto di una scala o ancora il vento che cambia quando, secondo Sorella Beauvier, non era mai successo, sintomo del Mondo che cade a pezzi. Questi e molti altri simboli o riferimenti sono disseminati per la storia, il piacere di chi guarda sta nel trovarli e usarne l'interpretazione che preferisce.
Perchè se è vero che è facile giudicare superficialmente, non è altrettanto facile ricredersi. E qui, il dubbio, la fa sempre da padrone.
Ps. Attenzione alla madre del ragazzo di colore, un personaggio che fa rabbrividire.
Film 60 - Il dubbio
Film 125 - Il dubbio
Film 342 - Il dubbio
Film 2123 - Doubt
Consigli: Da guardare in italiano, in inglese, di giorno, di notte, dal lunedì alla domenica, in ogni occasione possibile! Bellissimo.
Parola chiave: Vino.
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