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lunedì 25 luglio 2022

Film 2118 - Diverso da chi?

Intro: Volevo introdurre Ciarán a una serie di titoli italiani a tematica LGBTQ+ sapendo che lui apprezza il genere, ma non ha grande familiarità con il nostro cinema a tinte arcobaleno.
Premesso che è una fatica pazzesca ritrovare certe pellicole e, ancora peggio, rintracciarne i sottotioli (per non parlare del fatto che la maggior parte non si sincronizza con l'audio originale), questa è la prima (e per ora unica) pellicola che abbiamo visto.

Film 2118: "Diverso da chi?" (2009) di Umberto Carteni
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Ciarán
In sintesi: non che sia un capolavoro e per certi aspetti questi 13 anni dalla sua uscita in sala si sentono tutti, però "Diverso da chi?" rimane un prodotto sufficientemente fresco e innovativo - seppure commerciale - rispetto a tematiche ancora troppo spesso ignorate dal cinema nostrano.
Si parla di diverse espressioni di genitorialità, famiglie arcobaleno, pari diritti, genitori single, il tutto condito in salsa politica che, per quanto leggera, lancia comunque qualche spunto di riflessione.
Quindi sì, non un titolo imprescindibile della filmografia italiana, eppure un prodotto che non farebbe male guardare, riguardare e far vedere. Perché, per quanto imperfetto, insegna comunque qualcosa e il rispetto degli altri e delle loro scelte di vita. E che la politica, oggi come allora, dovrebbe tenere il passo e assumersi le responsabilità delle persone che rappresenta (o dice di rappresentare).
Film 284 - Diverso da chi?
Film 2118 - Diverso da chi?
Cast: Luca Argentero, Claudia Gerini, Filippo Nigro, Francesco Pannofino, Giuseppe Cederna, Antonio Catania.
Box Office: $4,637,782
Vale o non vale: La recitazione di Argentero a volte è difficile da prendere seriamente, ma la combo Claudia Gerini + Filippo Nigro funziona bene e riequilibra il film in termini recitativi. Tra tematiche di un certo peso e un finale che ancora mi lascia un po' perplesso (ma almeno avvia un dialogo o propone una discussione), "Diverso da chi?" è in ogni caso sufficientemente godibile anche e piacevole da rivedere.
Premi: Candidato a 4 David di Donatello per il Migliore Regista Esordiente, Miglior attore (Argentero), attrice (Gerini) e attore non protagonista (Nigro).
Parola chiave: Famiglia.
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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 13 dicembre 2021

Film 2067 - Matthias et Maxime

Intro: Ho visto questo film non tanto perché fossi interessao a recuperarlo, quanto perché è uno dei titoli preferiti dalla persona che, per un po' (o per un attimo), ha riportato un inaspettato sapore romantico nella mia vita. Anche se per poco.

Film 2067: "Matthias et Maxime" (2019) di Xavier Dolan
Visto: dal computer portatile
Lingua: francese, inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: per alcuni aspetti c'è una parte di questa storia con cui sono riuscito a connettermi facilmente (l'omosessualità, il viaggio in cerca di fortuna in Australia), anche se devo dire che per una serie di motivi "Matthias et Maxime" è stato meno d'impatto di quanto mi aspettassi.
Sì, il film è bello e ben recitato ma, innanzitutto, non è "Mommy". E lo so che è difficile fare paragoni e che le storie sono differenti (ma la figura della madre è chiave anche qui), eppure quel primo, scioccante incontro con il mondo di Xavier Dolan rimane ad oggi imbattuto.
Poi il gap della lingua mi ha costretto ad una concentrazione doppia e a l contempo non funzionale, desideroso di seguire le scene (in francese), al contempo necessitando di leggere i sottotitoli (in inglese)... per poi processare tutto in italiano. Insomma, un po' un caos.
Altro elemento non d'aiuto il fatto che, per necessità, la visione è stata spezzata in due, il che ha smorzato pathos e ritmo della narrazione.
Un ultimo fattore, non lo negherò, lo ha rivestito la presenza di Ciarán che, pur non avendomi distratto, ha giocato certamente una parte rilevante. Sono sicuro che sia capitato a tutti di essere un po' distratti da altri pensieri e prime volte che si guarda un film con la persona che ti piace.
Tutto considerato, comunque, "Matthias et Maxime" esplora con sufficiente profondità il rapporto tra i due protagonisti del titolo, amici d'infazia e forse amanti, etero dichiarati eppure capaci di complici sguardi, il tutto incorniciato da una sorta di corsa contro il tempo - Maxime (Dolan) sta per trasferirsi in Australia) -, fragilità e insicurezze - Matthias (D'Almeida Freitas) è sempre in bilico tra il vorrei e il non dovrei, tanto combattuto e schiacciato dal peso del giudizio altrui che rischia di compromettere l'amicizia, se non addirittura l'amore, con l'amico - e abusi che portano dietro cicatrici (la madre di Maxime è alcolizzata).
Insomma, c'è sicuramente tanta carne al fuoco e anche se a volte mi è parso che il film fosse più una sorta di esercizio di stile o un prodotto di Dolan per se stesso e/o i suoi fan, il risultato finale è comunque di qualità e per certi versi d'impatto, considerato che non si possa fare a meno di chiedersi cosa ne sarà di Matthias e Maxime una volta che l'Australia diventerà realtà.
Cast: Gabriel D'Almeida Freitas, Xavier Dolan, Pier-Luc Funk, Samuel Gauthier, Antoine Pilon, Adib Alkhalidey, Anne Dorval, Micheline Bernard, Marilyn Castonguay, Catherine Brunet, Harris Dickinson.
Box Office: $1.8 milioni
Vale o non vale: Non una pellicola per tutti (o tutte le occasioni), ma sicuramente un prodotto per i fan del regista canadese che, anche qui, fa la sua magia (e sicuramente di più che con i suoi titoli fuori patria). L'omosessualità è qui solo un elemento secondario, mentre è l'amicizia a farne da padrone, per una sorta di studio sui rapporti umani, le convenzioni sociali e le aspettative che sentiamo derivarci dagli altri o da certe situazioni in cui ci troviamo. Come dicevo non per tutti, ma non per questo meno di valore.
Premi: In concorso Cannes 2019 per la Palma d'oro e la Queer Palm.
Parola chiave: Lettera di raccomandazione.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 21 maggio 2015

Film 919 - Pride

Aspettavo da un po' di recuperare questo film, incuriosito dalla storia che tratta, un episodio realmente accaduto nell'Inghilterra degli anni '80.

Film 919: "Pride" (2014) di Matthew Warchus
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Francamente uno dei migliori titoli della scorsa stagione, questo "Pride" è riuscito a conquistare solamente una - e sottolineo una - nomination ai Golden Globes come Miglior film (che se è tra i migliori, qualcosina di valore in più ce l'avrà... Voglio dire, candidi Quvenzhané Wallis per "Annie" ed Helen Mirren per "Amore, cucina e curry" (!) e questa bella pellicola la lasci fuori da tutte le altre categorie? Mah...) oltre che qualcosina ai BAFTA inglesi, territorio d'origine di questa produzione.
"Pride" prende ispirazione da una storia vera, una bella vicenda che vede negli anni '80 attivisti gay e lesbiche raccogliere fondi per i minatori in sciopero contro le politiche dell'allora premier Margaret Thatcher: omosessuali e minatori, due categorie teoricamente agli antipodi, eppure capaci di unirsi - con le necessarie tempistiche di assestamento -, aiutarsi e sostenersi. Il racconto di questo quasi impensabile incontro è qui rappresentato con ironia e intelligenza, caricando certamente qualche aspetto per rendere la trama più godibile, ma il risultato finale è compatto e credibile.
Ho seguito con interesse questa storia, chiedendomi se mai in Italia un racconto del genere sarà anche solo pensabile. O, parimeti, se allo stato attuale delle cose la comunità LGBT italiana (di qualsiasi comune) si prenderebbe il disturbo di affiancare la propria "crociata" a quella di chi vive un medesimo disagio ma appartiene a un mondo totalmente differente. Diciamo che, anche solo per ciò che porta alla luce, questo film vale la pena di essere visto. Sia perché non rappresenta il mondo omosessuale come una macchietta, sia perché racconta una bella storia di collaborazione e amicizia, un episodio costruttivo in cui diversità e diffidenze sono aggirate grazie all'intelligenza di alcuni che sono in grado di far capire agli altri che la differenza è solo apparente.
Il messaggio - che passa forte e chiaro - riece ad essere percepito senza che la trama si prenda particolarmente la briga di esplicitarlo: il bello di questo progetto è proprio l'approccio normale con cui si presenta la vicenda, che avesse coinvolto casalinghe e fontanieri sarebbe stato lo stesso. La normalità con cui gli individui sono rappresentati è percepita dallo spettatore, che subisce l'eccezzionale solo nell'episodio dell'unione di due voci così apparentemente distanti (non sono i ragazzi di Lesbians and Gays Support the Miners parteciperanno agli scioperi dei minatori, ma questi ultimi prenderanno parte al Gay Pride di Londra del 1985).
Una bella storia che francamente mi ha colpito, un bel film in grado di rappresentare il fatto da cui trae ispirazione con dignità e coerenza, riuscendo a passare un messaggio che, anche se certamente caricato per necessità di trama, rappresenta comunque qualcosa che vale la pena di mostrare al grande pubblico per ricordare quanto, in fin dei conti, la diversità esiste solo in coloro che la vedono.
Ps. Gran cast: Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine, Andrew Scott, George MacKay, Joseph Gilgun, Ben Schnetzer, Jessica Gunning (vera sorpresa di questa pellicola).
Box Office: $14.7 milioni
Consigli: Anche se è una commedia (e piuttosto divertente), questa storia tratta una serie di episodi non esattamente spensierati: lo sciopero dei minatori, la difficoltà delle loro famiglie, la lotta per i diritti dei gay, i sopprusi subiti, AIDS e omofobia... Insomma, a ben vedere i toni drammatici ci sono. Ma il buon piglio della sceneggiatura e le perfette scelte di cast riescono a far passare i messaggi anche con un sorriso, senza che questa pellicola risulti pesante o angosciante. Si tratta di un bel racconto di amicizia, una storia vera che ci ricorda quanto, a volte, le persone riescano a dimostrare che un limite lo si può superare se c'è l'intenzione di farlo. Bello, lo rivedrei subito.
Parola chiave: Diritti.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 5 gennaio 2015

Film 848 - Scusate se esisto!

Ogni tanto una commedia italiana, dai...

Film 848: "Scusate se esisto!" (2014) di Riccardo Milani
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: 3 anni dopo il divertente "Nessuno mi può giudicare", Bova e la Cortellesi si ritrovano in un'altra commedia degli equivoci dove il più grosso di questi sarà l'omosessualità inizialmente piuttosto ben celata di Francesco/Raoul Bova. Inutile aggiungere che Serena/Paola Cortellesi inizialmente ne sarà cotta a puntino, con non poca delusione dopo il coming out.
Chiaramente le gag da fraintendimento non finiscono qui e il secondo più evidente di tutta la storia è quello che riguarderà la ragazza, architetto in carriera all'estero che decide di tornare in Italia e finisce per raschiare il fondo del barile fino a quando non presenta domanda per un progetto a suo nome il quale viene scambiato per il cognome di un fantomatico architetto (maschio) di cui lei sarebbe solo la segretaria.
Il diktat dei luoghi comuni si spreca e misoginia e maschilismo sul luogo di lavoro sono solo un paio di cliché che questa storia impiega per procedere al suo finale, molti dei quali riguardano l'omosessualità. Il più fastidioso è l'atteggiamento da prostituta di Francesco, capace di portarsi a letto un uomo diverso a sera, non importa età o tendenze, aspetto o carattere; il risultato per chi guarda e fa parte della comunità gay - per quanto facciano ridere le scenette che ne derivano - non è dei più soddisfacenti. Tralasciamo poi il personaggio-spalla dell'amico di Francesco, uno che apostrofarlo omofobicamente come "checca" è fargli un regalo di decenza. E ho detto tutto.
A parte questi scivoloni "delle pari opportunità" - eh sì, l'uomo gay è zoccola proprio come la donna etero -, devo ammettere che "Scusate se esisto!" è una commedia carina, anche se dal brutto titolo (o quanto meno sfruttato male). Probabilmente se ci si fosse interessati di più alla questione del maschilismo sui posti di lavoro o sul parallelismo tra condizioni di lavoro tra paesi europei e Italia, magari condendo il tutto con un'ironia più tagliente, sottile ed incisiva di quella che c'è qui, si sarebbe riusciti a valorizzare un progetto cinematografico che qualche pregio ce l'ha, in particolare quello di presentare al grande pubblico il progetto per la riqualificate di Corviale, un bruttissimo complesso urbanistico alla periferia di Roma (i titoli di coda ci sveleranno essere un progetto vero).
Questo film rimane quindi diviso a metà: una positiva e riuscita, che riguarda soprattutto il personaggio di Serena (ben interpretata da una Cortellesi in forma) e che ricorda all'Italia che è un Paese con gente capace, che può fare, migliorarsi, tentare. Poi c'è l'altra metà, quella che tenta attraverso la commedia di stemperare i toni più seri e critici: l'intenzione di per sé è anche sensata, ma la realizzazione da macchietta di Francesco è fastidiosa e innecessaria, il filone del padre gay un tema troppo complesso per liquidarlo con la battuta finale del figlio che sa e accatta il padre (che tenta in tutti i modi di dirglielo ma fallisce).
Insomma, in definitiva "Scusate se esisto!" ha i suoi buoni momenti e certamente il rallenti di Bova che scende le scale saprà mietere le sue vittime, però il risultato nel complesso è solo sufficiente.
Box Office: € 5.393.314
Consigli: Commedia nostrana che affronta numerosi snodi narrativi difficili (omosessualità e paternità, precarietà del lavoro in Italia, disparità lavorativa per uomini e donne, riqualifica urbana) senza però centrarli tutti, questa pellicola riesce comunque nell'intento di intrattenere e divertire e, soprattutto, ha una buona coppia di protagonisti collaudati ed affiatati. Il lieto fine è d'obbligo, la questione omosessuale affrontata a metà (o schivata, se vogliamo), il risultato finale cliché, ma bisogna ammettere che per una serata tranquilla e priva di pretese, sicuramente questo è un titolo azzeccato. Anche se "Nessuno mi può giudicare" aveva una marcia in più.
Parola chiave: Lavoro.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 20 febbraio 2014

Film 672 - Tutto sua madre

Weekend relax in compagnia del cinema francese parte 1.

Film 672: "Tutto sua madre" (2013) di Guillaume Gallienne
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Questo film è davvero una bella sorpresa. E' scritto diretto e interpretato da Guillaume Gallienne, basato su una sua opera teatrale che a sua volta si basa su alcuni aspetti della sua vita qui approfonditi: rapporto con la madre, sessualità, donne.
Ciò che rende particolare questo prodotto francese è innanzitutto il fatto che Gallienne interpreta sia il suo alterego narrativo che la parte della madre, con un'attitudine e una bravura veramente affascinanti. Camaleontico è dir poco. Poi la storia è trattata con una certa ironia molto spiritosa che spazia spesso tra il grottesco e l'autoumiliazione, ma sempre con un certo stile, se così si può dire. Insomma, nonostante situazioni evidentemente deliranti, c'è sempre un'aplomb di fondo che controbilancia perfettamente tutta la storia.
Storia che, neanche a dirlo, riguarda la ricerca di se stessi e l'affermazioen del proprio io a prescindere da ciò che pensano e giudicano gli altri. I risvolti, oltre che comici, saranno inaspettatamente sorprendenti.
Ho molto apprezzato l'anima assolutamente non convenzionale di questo prodotto, capace di differenziarsi dal resto che c'è in circolazione sia per le più lampanti scelte di cast (anche Diane Kruger in un cameo), sia per un racconto che fa della visione personalissima della vita di Gallienne strumento per colpire lo spettatore con, finalmente, qualcosa di nuovo.
Ps. Il film è attualmente candidato a 10 premi César tra cui Miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista oltre che Miglior opera prima. Al Festival di Cannes 2013, nella selezione "Quinzaine des réalisateurs", il film si è aggiudicato l'Art Cinema Award e il Prix SACD.
Film 1158 - Tutto sua madre
Box Office: € 2,564,982 (Francia)
Consigli: "Les garçons et Guillaume, à table!" è divertente, ben scritto e recitato e sorprendente per numerosi aspetti. Vale veramente la pena di dargli una chance.
Parola chiave: Omosessualità.

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Bengi

sabato 8 febbraio 2014

Film 667 - Dallas Buyers Club

Ero sinceramente molto scettico e impreparato rispetto a questo film.

Film 667: "Dallas Buyers Club" (2013) di Jean-Marc Vallée
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ma che bella, bella sorpresa che è "Dallas Buyers Club"! Entra prepotentemente nella lista dei migliori film della scorsa stagione cinematografica e, devo ammetterlo, è una cosa assolutamente inaspettata!
Matthew McConaughey e Jared Leto trasformano completamente i loro corpi per dar vita a Ron Woodroof e Rayon, improbabili leali amici, entrambi con l'AIDS ed entrambi disperatamente alla ricerca di qualcosa (o qualcuno) che possa curarli. Il destino li farà incontrare quando Ron, incallito cawboy da rodeo dedito a ogni sorta di vizio, dovrà accettare la sua malattia da "finocchio" che lo porterà ad essere un emarginato dipendente da farmaci. Il Messico, grazie a prescrizioni illegali in America, lo farà stare meglio e tornato in patria comincerà un business illegale di farmaci assieme proprio al travestito Rayon. Entrambi sono accomunati da disperazione, emarginazione sociale, una certa dose di tendenza all'autodistruzione e, inevitabilmente, un limite temporale che solo la malattia può influenzare.
Da queste premesse - molto vaghe, perché non voglio veramente rovinare nulla del film a chi volesse vederlo - nasce "Dallas Buyers Club", una pellicola che tratta il tema dell'AIDS dal punto di vista del texano medio anni '80 tutto omofobia ed imposizione dello status di macho. L'amicizia con Rayon sarà tra le cose più paradossali che Ron dovrà affrontare, ma, accettando la sfida, dimostrerà di essere molto di più di uno stereotipo della paura e dell'ignoranza. Quando non si ha niente da perdere si gioca con più audacia.
Una pellicola che mi ha sorpreso e inizialmente non particolarmente coinvolto, tra rodei, cose a tre e tanta di quella cocaina che pareva nevicasse. La svolta inaspettata della trama ha subito destato il mio interesse e non ho più smesso di staccare gli occhi dallo schermo. Le scheletriche trasformazioni dei due attori mi hanno spaventato ed impressionato, riuscendo a farmi realmente immaginare come dovesse essere in quegli anni lottare contro una malattia assoluta e totalmente debilitante con una serie di ciechi tentativi per tentare di sopravviverle. Doloroso e durissimo in certe scene, eppure perfettamente equilibrato nel mostrare ciò che andava mostrato. Credo si possa dire che "Dallas Buyers Club" sia forte e delicato allo stesso tempo.
Non pensavo lo avrei detto, ma a questo punto vedo Matthew McConaughey spingere prepotentemente via Leonardo DiCaprio dal podio dell'Oscar, sia per la difficoltà del ruolo - e la sincerità spiazzante con cui è rappresentato - sia per la trasformazione fisica che ha certamente richiesto un enorme sacrificio. Lo stesso vale per Jared Leto che, però, non ha altri rivali tanto forti nella sua categoria di non protagonisti. Sono molto contento di aver visto questo film perché adesso so che, vincessero entrambi, sarebbe un riconoscimento del tutto meritato.
Ps. Due Golden Globes come Miglior attore protagonista e Miglior attore non protagonista. Agli Academy Awards, invece, il film ha ricevuto 6 nomination tra cui, oltre quelle per i due attori, quella per Miglior film e sceneggiatura originale.

[EDIT]: Un mio ulteriore pensiero a proposito di questo film nella recensione per "IL MURO mag": DALLAS BUYERS CLUB, LA DELICATEZZA DI UN PUGNO NELLO STOMACO

Box Office: $22,586,000
Consigli: Temi forti (AIDS e omofobia sono solo due dei macrotemi) e grandi interpretazioni per una pellicola ben realizzata che spiazza ma piace. Non sarà facile da digerire, eppure credo che la visione valga il tentativo. E' una storia vera.
Parola chiave: AZT.

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Bengi

mercoledì 2 gennaio 2013

Film 495 - Urlo

Una pellicola che volevo recuperare da molto tempo, ma che non avevo mai avuto l'occasione di vedere. Ci volevano il momento giusto e, soprattutto, la compagnia giusta.


Film 495: "Urlo" (2010) di Rob Epstein, Jeffrey Friedman
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Un film su Allen Ginsberg l'avevo già visto di recente ("On the Road"), ma non avevo ancora collegato il nome al personaggio e, quindi, a questo film. Tralasciando l'esperienza della pellicola con la Stewart e Hedlund, "Howl" dei registi Epstein e Friedman è davvero uno strano esperimento di cinema, nonché un'inaspettata e non convenzionale esperienza.
Innanzitutto il connubio di immagini in bianco e nero, a colori e in aggiunta momenti di narrazione animata (cartoon) molto suggestiva, creano un insolito mix che all'inizio confonde un po', poi prende la sua forma nella cornice dell'opera.
In effetti trasporre un poema (molti passaggi vengono letti) sullo schermo non era un'impresa facile; mixarlo con momenti di vita dell'autore e aggiungerci perfino il processo americano all'editore del libro, Lawrence Ferlinghetti, ancora meno. Eppure, a mio avviso, la sfida è vinta.
Le ipnotiche, caotiche ed erotiche immagini disegnate accompagnano la lettura di un'opera complessa e particolare rendendo il messaggio più accessibile e addolcendo quello che a volte è un linguaggio molto scurrile. Non è un prodotto per tutti, me ne rendo conto, però è certamente apprezzabile lo sforzo di rapportarsi a "Urlo" cercando di esprimere e riportare in immagini le emozioni che la lettura del poema trasmette. Diciamo che, in fin dei conti, è premiabile anche solo per la fantasia dei suoi autori.
Inutile dire, poi, che mi sono molto interessato alla parte del processo, che racconta in maniera molto chiara la disavventura giudiziaria (finita positivamente) di quel Ferlinghetti che decise, nel 1956, di pubblicare Ginsberg. Scelta coraggiosa (oltre che lungimirante).
Per quanto riguarda, invece, l'interpretazione di James Franco posso solo dire che l'ho apprezzata. Non avendo presente Allen Ginsberg (a livello di modo di parlare, espressioni o caratteristiche peculiari espressamente sue) e, soprattutto, avendo guardato il film in italiano, posso solamente limitarmi a dire che Franco mi è sembrato capace di reggere un ruolo difficile e per niente scontato.
La storia d'amore tra lo scrittore e Peter Orlovsky è tenera; la necessità di sperimentare le esperienze della vita segue un principio che secondo me ha senso; che si possa utilizzare un linguaggio volgare anche in un contesto letterario - anche se chiaramente oggi è un tipo di critica che non ha più valore - mi sembra un diritto rivendicabile dall'autore, che lascerà al lettore la possibilità di scegliere se il risultato finale gli piacerà o meno; che nella vita si possa anche non capire una cosa, ma che non per questo la conseguenza necessaria sia che quella cosa è brutta o sbagliata, mi pare (utopicamente) imprescindibile. Tutti questi elementi sommati direi che hanno concorso alla strutturazione in me di un giudizio positivo riguardo a questo "Urlo" cinematografico che più che sperimentale (come ha fatto la maggior parte della critica) definirei coraggioso.
Un film che affonda profondamente nel testo che vuole analizzare e ne esalta - spesso molto efficacemente - temi e poetiche, sottolineando in maniera forte la necessità di essere ed esprimere sé stessi, un diritto che non può essere messo sotto censura.
Consigli: Bisogna prepararsi ad un'altalena di emozioni, a una carrellata visiva di immagini potenti ed evocative, ad un testo letterario difficile e intenso, ad un prodotto filmico che sconfina in diversi generi e modi di fare cinema. Per chi ama la poesia, Ginsberg, la libertà di espressione (di sé) e biopic è certamente un titolo che non può essere perso.
Parola chiave: Beat generation.

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Ric

lunedì 29 ottobre 2012

Film 472 - On the Road

Nuovo film regalato dalla 3. E questa volta ero anche piuttosto interessato alla visione.


Film 472: "On the Road" (2012) di Walter Salles
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: Definire "On the Road" come una pellicola on-the-road potrebbe sembrare semplicistico, ma in effetti una buona parte della storia si svolge per la strada. Ribalto la questione: magari un titolo meno scontato? Lo so, lo so, è tratto dal libro di Jack Kerouac che in inglese porta lo stesso nome, però forse ci si poteva ingegnare un attimino di più.
Tornando seri, il film di Walter Salles ("Central do Brasil", "I diari della motocicletta") non è male ed ha come suo grande pregio quello di presentare attori giusti per le parti che impersonano. Da questo discorso escludo per un attimo Kristen Stewart su cui, a breve, tornerò.
Garrett Hedlund ha una carica erotica piuttosto evidente e riesce nel non facile compito di magnetizzare lo sguardo dello spettatore su di sé, finendo - come richiesto dalla storia e dal personaggio di Dean Moriarty - per oscurare ogni altro attore presente in scena. Al contempo Sam Riley/Sal Paradise è perfetto come narratore nascosto, seguace dell'amico Dean e silenzioso osservatore di una vitalità tanto fuori dal comune e straordinaria, caotica. La coppia di amici - a cui si affiancheranno brevemente una miriade di altri personaggi sulla via - è davvero ben rappresentata a mio avviso dai due attori e finisce per risultare credibile quanto vera. Se posso osare un paragone, poi, per qualche attimo Garrett Hedlund mi ha ricordato il fascino decadente di Heath Ledger.
In tutto questo si inserisce una trama a tratti interessante, ma alla lunga non sempre convincente. L'idea di rappresentare persone che 'bruciano come candele' è affascinante e sulla carta è sicuramente una possibilità che, ben realizzata, al cinema paga sempre. Ma l'effetto boomerang è una variabile da tenere presente: se si parla, parla, parla di bruciare dentro, di aggrapparsi alla vita in maniera tanto disperata da afferrarla in modo troppo vigoroso, allora sarà richiesta una trasposizione tanto calda e vera anche sullo schermo. Che qui non sempre c'è.
Niente da dire su Hedlund che sorprende in un'interpretazione convincente e libera. Qualche riserva, invece, su colei che dovrebbe essere capace di muove l'ormone generale, di scatenare una sensualità intrinseca tanto naturale quanto incontrollabile. Il personaggio di Marylou - mi pare - dovrebbe bruciare quanto e più degli altri, dovrebbe essere tempio e richiamo di sesso e ambiguità. Per questo non ho trovato sempre funzionale affidare un ruolo così centrale per la storia a una ragazza che, a parte uno sguardo piuttosto intrigante, non riesce a rappresentare quel senso di scandalosa libertà che si vorrebbe riportare qui.
Kristen Stewart è certamente una scelta audace per un prodotto come questo, ma non direi priva di malizia. Lei che è Lady "Twilight", regina di pellicole milionarie come "Biancaneve e il cacciatore", non può essere una scelta casuale in un panorama di attrici ben più dotate e adatte al ruolo. Con questo non voglio dire che la Stewart sia totalmente incapace, ma di fatto non si può credere che dietro alla scelta di affidarle il ruolo di Marylou non ci sia (anche) un ragionamento commerciale. Senza voler sollevare polemiche o facili critiche, direi che la definizione migliore sia 'acerba'.
Fatta questa premessa, devo aggiungere che, se per la maggior parte delle scene che le competono il risultato non è pessimo, ci sono due momenti che mi hanno fortemente imbarazzato durante la visione del film. Il primo è il suo ballo 'scatenato' a tempo di jazz, che è tanto vero e sciolto quanto quello di una colonna di marmo. Il secondo, invece, riguarda la topica scena di sesso a tre assieme ai due protagonisti maschili: la Stewart è ingessata, incapace di ricreare quella complicità intima e spregiudicata che la situazione richiederebbe.
Detto ciò, c'è anche da dire che le sue scene sono molte di meno di quelle che mi aspettassi. In realtà una miriade di ruoli secondari/cameo dipingono un quadro di viaggio all'avventura che è tanto bello a vedersi quanto fine a sé stesso. Incontriamo Viggo Mortensen, Amy Adams, Kirsten Dunst, Steve Buscemi, Elisabeth Moss, Tom Sturridge, Terrence Howard, Alice Braga e ognuno di loro ha un ruolo molto differente da quello degli altri per poter rendere variegato il racconto, ma si finisce per non inquadrare bene nessuno veramente, perchè la bidimensionalità dovuta al poco tempo cui ogni loro personaggio è dedicato, finisce per impoverire il senso della loro apparizione. Ed è un peccato.
Tutto questo per dire che sì, "On the Road" mette in scena tutti i punti principali di una pellicola che si voglia definire di strada e all'avventura, ma con il grave errore di autodefinirsi ogni momento che uno dei personaggi parla. Sarà perchè in scena è presente il narratore (e scrittore) del racconto, ma trovo che ogni film che senta la necessità di esplicitare a parole tutte le sensazioni e i sentimenti che vorrebbe suscitare nel pubblico, finisca sempre per pubblicizzare qualcosa che poi non riesce a trasmettere veramente. C'è molto parlare di libertà, ardore e passione, vita vera vissuta alla giornata, di ribellione e incoscienza. Eppure nessuna di queste 'voci' arriva in maniera genuina; niente di tutto questo riesce veramente ad essere trasmesso attraverso trama e recitazione. Sono tutti elementi nell'aria, ma non perchè "On the Road" li riesca a trasmettere in quanto prodotto capace di 'bruciare' quanto le vite dei personaggi per cui tanto si spendono parole.
Direi che di fatto il film in sé non è male, ma manca di un'anima capace di suscitare davvero le emozioni di cui parla la storia.
Consigli: Un film che presenta tanti tòpoi della letteratura (libertà, amicizia, ricerca della propria strada, amore, avventura, ...) ma che difetta di un certo realismo. Essendo molto esplicito nel raccontare quello che vuole trasmettere, "On the Road" finisce per risultare un elenco di ciò che è una vita/avventura sulla strada senza davvero regalarci la sensazione di aver partecipato al cammino dei suoi protagonisti. Si potrebbe dire che preconfeziona sensazioni. Ma non è malvagio e, anzi, oltre a presentare bellissimi scenari, ci regala anche la bella interpretazione di Hedlund. Godibile.
Parola chiave: Romanzo.

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BB

lunedì 1 ottobre 2012

Film 456 - Come non detto

Cosa aspettarsi da una commedia teoricamente brillante tutta italiana su uno degli argomenti più caldi degli ultimi anni...?


Film 456: "Come non detto" (2012) di Ivan Silvestrini
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea
Pensieri: La storia di Mattia/Josafat Vagni potrebbe essere (ma lo è sicuramente) quella di tanti ragazzi contemporanei con il problema di farsi accettare dalla propria famiglia. Al di là del fatto che si stia parlando di omosessualità, in generale accettazione va a braccetto con serenità e, necessariamente diventa capitale sapere di avere l'appoggio di chi ti sta vicino.
A seconda della 'gravità' della bomba da lanciare è chiaro che ci si debba preparare un minimo a conseguenze, possibilità, eventuali sviluppi collaterali. Qui, come si diceva, la news scottante riguarda la preferenza di gusti del protagonista che, cresciuto in una qualunque famiglia romana di ceto medio, vede nel fare coming out una delle eventualità più terrificanti che lo allontanerebbero per sempre dai suoi familiari.
Un fidanzato spagnolo alle porte che sta per arrivare a conoscere i suoceri, una situazione familiare già particolare di per sé, una vita all'estero che sta per cominciare: tutto verrà 'sciolto' in 90 minuti di pellicola tra gag divertenti e qualche banalità.
In generale direi che questo "Come non detto" è stata una piacevole sorpresa, più che altro perchè le aspettative riguardo ad una commedia a tematica gay di produzione italiana non erano decisamente molto alte. Solitamente ridotti a macchietta, i gay faticano ancora ad interpretare un ruolo nell'immaginario cinematografico che non sia di spalla o, appunto, figura fuori dall'ordinario e stravagante. Di buono, qui, c'è che Mattia è un ragazzo normale, con un fidanzato normale (Jose Dammert) e che i due vogliono solo poter trascorrera la propria vita assieme in maniera serena, senza doversi nascondere. Il contorno umano forzatamente sbroccato crea le situazioni comiche ed è evidente che l'esasperazione di certi tratti della sceneggiatura è volta come unico scopo a dar ritmo e rendere piacevole una commedia che, altrimenti, si reggerebbe sull'unico evento dell'annuncio in famiglia.
Già perchè, di fatto, è quello della rivelazione il momento che rimane inevitabilmente più impresso nei ricordi dello spettatore. E perchè anche divertente, e perchè in fin dei conti a ben pensarci è una paraculata. Senza voler rovinare niente a nessuno riguardo al finale, ci tengo solo a dire che sarebbe bella una reazione del genere da parte di una famiglia in un contesto reale, ma è una visione troppo facilmente sdolcinata e superficiale, troppo all'acqua di rose, diciamo.
Momenti come questi, oltre ad essere delicatissimi, possono anche sconvolgere l'equilibrio di individui vicini, ma - come spesso capita - lontani di opinioni. Chiaro è che, in una commedia, i toni devono rispettare un diktat comico a cui non si può prescindere, però liquitare con tanta leggerezza quello che, tra l'altro, è l'argomento topico del film, mi sembra una scelta troppo facile e frettolosa.
Non richiedevo alcuna analisi psicologica approfondita, men che meno che si sfociasse nel miglior dramma italiano, però che ci si prendesse meno in giro, quello sì. Chi ha vissuto il coming out - direttamente o indirettamente - sa che non è così semplice come qui ce la vogliono vendere.
Senza voler stravolgere le tinte comiche di "Come non detto", si poteva certamente trovare un'altra via per raccontare qualcosa di meno simile ad una fiaba con lietofine e più simile alla realtà delle cose. Senza eccessi o drammoni strappalacrime, semplicemente più vera.
Chiusa questa parentesi, comunque, va detto che la pellicola me la son goduta e inevitabilmente un po' di pubblicità alla causa non fa male. Ci si diverte, sì, ma lo si poteva fare con un minimo in più di testa.
Ps. Al 14 settembre il film ha incassato solanmente 216,439€. Da lì in poi se ne sono perse le tracce.
Film 1045 - Come non detto
Consigli: Chiaramente serve una determinata sensibilità per potersi avvicinare ad una pellicola come questa. E' un prodotto divertente, spensierato e senza pretese. Per spegnere il cervello e dimenticare che la nostra vita è ben diversa da un film...
Parola chiave: Madrid.

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BB

giovedì 21 luglio 2011

Film 284 - Diverso da chi?

Al ritorno dall’Europride romano, che vedeva come protagonista secondaria la Sig.ra Gerini, ho sentito il pungente bisogno di trovarmi nuovamente faccia a faccia con questa pellicola italiana più sperimentale del solito (o così parrebbe).


Film 284: "Diverso da chi?" (2009) di Umberto Riccioni Carteni
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Eccomi, così, subito ad assecondare il bisogno, alla ricerca del motivo che mi aveva fatto tornare in mente il film. Che fosse per Argentero o perché non ricordavo bene la trama, di fatto questo film mi è sembrato ancora più indifferente della prima volta. Buone le premesse, per carità, ma oltre allo sfondo politico che potrebbe mettere un po’ di pepe, la pellicola cede al rassicurante richiamo eterosessuale e, nel secondo tempo, prende una piega surreale che delude chi si aspettava davvero qualcosa di innovativo sul panorama nostrano alquanto stantio.
Peccato, l’occasione per dare uno scossone all’Italia bigotta poteva essere colta con maggior coraggio e non, invece, tentando di accattivarsi entrambe le fette di pubblico (etero e gay per intendersi). Questa è la classica politica del 'va bene per tutti', ma è talmente presa alla lettera che a tratti infastidice.
Bene, comunque, la Gerini che è sempre una brava attrice del cinema contemporaneo italiano. Capace, anche, Filippo Nigro che risulta più che adeguato nel ruolo del compagno geloso.
Inutile dire, invece, che certe lacune attoriali di Argentero facciano accapponare la pelle. E’ migliorato, ma non si può dire che sia capace. Ma se ce l’ha fatta Monica Bellucci, possiamo certamente affermare che la fortuna è con i belli.
Insomma, alla fine si fa guardare, ma si poteva osare molto di più.
Ps. Quattro nomination ai David di Donatello: tre agli attori e uno per l’esordio alla regia di Umberto Riccioni Carteni.
Film 284 - Diverso da chi?
Film 2118 - Diverso da chi?
Consigli: L'incipit interessante può essere fonte preziosa di dibattito. Ma, se sperate nel film, il finale vi deluderà con una semplificazione da rimanere basiti.
Parola chiave: Gay&famiglia.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 27 aprile 2011

Film 244 - Io sono l'amore

Anche se visto recentemente, il popolo del martedì ha scelto per me di (ri)vedere questo bel film italiano per la solita cena.


Film 244: "Io sono l'amore" (2009) di Luca Guadagnino
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea Puffo, Andrea, Marco, Diego, Titti, Pier, Michele
Pensieri: Ammetto che non lo avrei rivisto così presto, un film come questo. Dovevo ancora 'digerire' la precedente visione di qualche mese fa. Non perchè il film non mi sia piaciuto, anzi(!), ma perchè per il disimpegno del martedì avrei preferito vedere (o dover rivedere) qualcosa di un attimino più leggero. Ma, lo devo ammettere, questa seconda rapida visione non è stat per nulla pesante e, anzi, mi ha fatto apprezzare di più elementi che la prima volta avevo perso.
Quello che consideravo essere un film dal ritmo piuttosto lento è diventato, invece, scorrevole e la pesantezza che temevo di incontrare lungo la visione è svanita. Bellissimo, musiche fantastiche e coinvolgenti, azzeccatissime per lo squarcio della Milano 'alta' che propone la pellicola. Tra l'altro ho dato uno sguardo più 'interessato' all'interpretazione della Berenson (attrice newyorkese famosissima per film come "Morte a Venezia", "Barry Lyndon" o "Cabaret") che, in italiano, recita piuttosto bene. Ottime la Swinton e la Rohrwacher, molto fisico il cuoco Antonio Biscaglia/Edoardo Gabbriellini.
Il film è sicuramente molto interessante e inusualmente interculturale per un film italiano. Vale veramente la pena di vederlo per un'infinità di ragioni.
Consigli: La scena d'amore in mezzo al campo è bellissima e molto 'naturale'. Da vedere pensando agli odori del prato in maggio...
Parola chiave: Famiglia.

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Ric

domenica 22 agosto 2010

Film 129 - Brotherhood

Dopo mesi estivi di silenzio, torno davanti alla tastiera finalmente per scrivere qualcosa. L'estate non è ancora finita e, anche se pensavo avrei lasciato la voglia di scrivere al rinnovato fresco, mi ritrovo con una marea di film di cui parlare ed effettivamente una certa voglia di ritornare sul blog.
Bene, dunque, nonostante mi sia dedicato anima e corpo a non far nulla, qualche filmetto (e una serie tv - "Studio 60 on the Sunset Strip" - che consiglio caldamente. Una sola stagione, ma davvero interessante per capire la tv americana) c'è scappato. Poco cinema e molto dvd o streaming.
Ovviamente si riprende da dove avevo lasciato - parliamo di fine giugno/inizio luglio - per rispettare rigorosamente l'elenco del 'visto' che necessita decisamente di essere aggiornato! Tra l'altro questa è la prima recensione dalla nuova postazione casalinga, finalmente resa accettabile dopo lavori e rogne, quindi motivo in più per rimboccarsi le maniche e riprendere di buona lena!
Si riapre con qualcosa di forte, che sicuramente ha scosso chi ha deciso di vedere la pellicola in questione...


Film 129: "Brotherhood" (2009) di Nicolo Donato
Visto: al cinema [anteprima]
Lingua: italiano
Compagnia: Federica, Stefano, Dario, Enrico
Pensieri: No, non è esattamente come "I segreti di Brokeback Mountain" questo film. Non è così patinato, non è così sexy. Gli attori sono sconosciuti al pubblico italiano, hanno facce nordiche, alcune un po' inquietanti. Non a caso siamo in una gang neonazista danese, non proprio un ambiente pacifico e di intenti no profit.
Al dilà dell'inquietante quadro della gang, della violenza sull'altro e della presunzione del gruppo, comunque, rimane impresso nello spettatore sia l'insensata stupidaggine di chi inneggia a supremazie e violenze, sia la contrapposta delicatezza della storia d'amore che sboccia tra i due pupilli della gang.
Ovviamente non si può dire ad alta voce, il gruppo farebbe pagare cara la pelle ai due innamorati, ma è già un passo avanti la presa di coscienza del duo, contrapposta ad un silenzio assenso che in Brokeback è leggermente più fastidioso.
La trama di per sé è semplice, quanto detto finora riassume, seppure in breve, ciò che accade durante i 90 minuti di pellicola. Ovviamente c'è da mettere in conto insulti, malavita, sputi, un'ideologia spaventosa e quanto di più difficile si possa raccontare in una sola storia. Per questo lascia ben sperare che anche all'interno di un'estremità così radicale possa presentarsi l'eventualità di un amore tra due uomini. Non ci sarebbe niente di male, e lo sappiamo tutti, solo che ancora un po' sorprende il tema 'gay' e, per sdoganarlo, siamo nella fase in cui si punta a raccontare l'estremo o l'inimmaginabile. L'attenzione di chi guarda (intelligentemente) dovrebbe concentrarsi sull'approfondimento di una realtà sicuramente contemporanea e di difficile comprensione e non tanto sulla rarità sbalorditiva che potrebbe essere la storia omo tra due neonazisti.
Consigli: Interessante e giustamente premiato, è decisamente un titolo da tenere presente.
Parola chiave: Casa isolata.


Ric

mercoledì 7 aprile 2010

Film 100 - Colpo di fulmine: il mago della truffa

E ci siamo arrivati, FINALMENTE!!! La centesima recensione è qui!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Per festeggiare, un po' di novità!
Il film n°100 l'ho visto in ANTEPRIMA NAZIONALE (se la fanno a Bologna non è un buon segno...) al cinema Oden giovedì 1° aprile. Ed è anche il primo film per cui ho preso appunti sulla nuovissima agenda che la Sini mi ha regalato pro recensioni blog! Ecco la prima persona che ha investito un piccolo capitale per la causa HollywoodCiak! Ho uno sponsor?


Film 100: "Colpo di fulmine: il mago della truffa" (2009) di Glenn Ficarra, John Requa
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Ale
Pensieri: Non posso non cominciare a parlare di questo film senza tirare subito fuori la questione del titolo: "I Love You Phillip Morris" non si può in alcun modo tradurre con questa cazzata che ricorda solo il programma tv di Italia1 targato anni '90. Io mi RIFIUTO. Questa è palese censura, perfino mio padre voleva andarlo a vedere credendo che fosse una roba tipo azione-poliziesco. Ma gente, sveglia!!! No, questo film è gay ovunque! Ma perchè solo in Italia si cambiano i titoli ai film? Mi ripeterò, ma non è mai chiaro abbastanza, evidentemente: se uno sceneggiatore sceglie un titolo per la sua opera, quello DEVE rimanere! Non si cambia il titolo alla 'Divina Commedia', no? Boh, sono sempre di più senza parole. E poi la censura in Italia non c'è...
Comunque in questo film ho trovato la recitazione di Jim Carrey funzionale al personaggio sopra le righe. Le smorfie che un tempo appartenevano a "The mask - da zero a mito" (e anche su questo titolo ce ne sarebbe da dire...) oggi sono sul viso decisamente invecchiato del super-checca Steven Russell, che nella vita, dopo la sua dichiarazione gay a moglie e figlia, ha deciso di dedicarsi al lusso più sfrenato. Ma come fare, se la vita omosex costa tanto cara? Si truffa. L'escamotage è divertente, il film sorprende e piace nel primo tempo, sbanda nel secondo e fa sbadigliare un po'. Sicuramente è un film dai toni surreali e decisamente non è convenzionale. In molti momenti mi ha ricordato chiaramente alcuni film di Carrey, come "Bugiardo bugiardo" e "Dick e Jane - operazione furto", ma anche il "Prova a prendermi" con DiCaprio o il recente "L'uomo che fissa le capre" con Glooney e McGregor. Lo stesso McGregor che qui interpreta un ruolo so so gay! Sembra uno dei Village People con quell'orecchino. E' maledettamente anni '80 secondo me.
Per il resto, comunque, non mi ha particolarmente sorpreso o lasciato soddisfatto. All'uscita del cinema Claudio mi ha suggerito di scrivere nel blog che questo film faceva schifo. A me, personalmente, non ha proprio schifato perchè certe battute o gag le ho trovate divertenti, però sicuramente mi aspettavo qualcosa di più frizzante e glitterato, colorato e arcobaleno. Invece rimangono solo poche cose alla fine del film: gay = spendaccione; i soldi comprano la serenità altrui; in prigione si vive di 'servizietti'.
In sintesi direi godibile, qualche punto in più solo perchè sono entrato gratis. Altrimenti, forse, sarei stato un po' più negativo...
Ps. Ovviamente posto il trailer inglese, perchè in quello italiano sembra una commedia per famiglie...
Consigli: Non è il grande ritorno di Carrey. Per gli appassionati della sua mimica facciale questo sarà un veloce tuffo nel passato, senza toccare mai i picchi di comicità, però, cui ci aveva abituati. Ma una cosa sorprende: è una storia vera!
Parola chiave: Prigione.




Ric

Film 99 - I segreti di Brokeback Mountain

L'ultimo film prima di passare al conteggio a tre cifre è uno dei capolavori del cinema contemporaneo. E non potevo che vederlo con alcuni dei miei più cari amici!


Film 99: "I segreti di Brokeback Mountain" (2005) di Ang Lee
Visto: dal nuovissimo tv di Beatreccy
Lingua: italiano
Compagnia: Il Club del Thé (Bea, Ale, Fra, Sara, Clà, Alice, Gian, Nora)
Pensieri: Visto, rivisto e stra visto, ma questo film non stanca mai. Bellissimo, emozionante e toccante, colloca la storia di una coppia gay che non può essere davvero coppia in un'epoca, la nostra, in cui si tenta a fatica di stabilire una quantomeno minima parità tra eterosessuali e tutti gli altri. Il tempo del racconto, invece, non permette ai due (bravissimi) protagonisti di vivere in modo sereno una vita e una storia d'amore che sorpassa distanze e difficoltà.
Se in origine c'erano numerosi dubbi sulla qualità che questo film avrebbe presentato, una volta girato al cinema, pubblico e critica ne hanno decretato una clamorosa vittoria. Solo in America l'incasso è stato di $83,025,853 che, per un film a strettissima tematica omosessuale è stata una vera conquista! Ma dove sta il vero potere di questo film? Secondo il mio modestissimo parere le astuzie (se vogliamo definirle così) sono molteplici. Innanzitutto i due protagonisti sono cow-boy. Dite quello che volete, che fa strano vedere due duri che limonano, ma secondo me all'etero medio fa più strano vedere due (me lo concedete?) checche che fanno le isteriche. Io dico la mia, per carità, e sempre con rispetto parlando. Non si offenda nessuno.
Proseguendo direi che un'altra grande mossa è stata quella di non esagerare troppo. I baci ci sono, la passione c'è, il sentimento scorre a fiumi, ma non è mai troppo, non si calca la mano, non si fa propaganda, non si denuncia qualcosa. Si racconta semplicemente l'amore. Che l'amore sia etero o gay non ci frega. Come dovrebbe SEMPRE essere. E, infatti, a dimostrazione di ciò, abbiamo questa bellissima pellicola.
Infine, la mossa migliore: scritturare SOLO attori bravi. Lo so perfettamente che questo punto è il più complesso, ma credo che qui come in molti altri casi, il cast abbia fatto la differenza. All'epoca sicuramente né Heath Ledger né Jake Gyllenhaal erano famosi quanto lo sono ora. Stavano ancora cercando una dimensione, un ruolo che li elevasse ad attori capaci di attirare masse al cinema. Ecco i ruoli perfetti! E poi, nei ruoli secondari, la rinata Michelle Williams, che dopo "Dawson's Creek" manda affanculo Dawson e si mette con Heath (chiamala scema!); Anne Hathaway che mostra perfino il seno!; Anna Faris che di solito recita in ruoli scemi ("La coniglietta di casa" e i 4 "Scary Movie") e Linda Cardellini, vista nei due "Scooby-Doo" e in tv nel cast di "E.R. - medici in prima linea".
Tutti questi elementi combinati insieme sono, secondo me, la colonna portante di questo film, scarno di battute (sono la fotocopia dei dialoghi del libro di Annie Proulx, 52 pagine scritte a carattere grandezza 22...) e ricchissimo di paesaggi senza fine. Con il tocco raffinato e mai banale del regista taiwanese Ang Lee, le musiche del bravissimo compositore argentino Gustavo Santaolalla (due Oscar in due anni) e la sceneggiatura ad arte Larry McMurtry e Diana Ossana, questo film è riuscito a stregare il mio cuore, a farmi piangere come una fontana (tutte le volte che vedo l'ultima scena è un momento di crisi mistica) e ha reso in maniera assolutamente non banale, al di fuori di ogni cliché, la storia d'amore tra due uomini gay. Bellissimo e toccante. Un capolavoro. Ps. Otto nomination agli Oscar del 2006, tra cui tre per gli attori (Ledger, Gyllenhaal e Williams), una per il film e una alla fotografia. Vince la statuetta nelle categorie regia, sceneggiatura non originale e colonna sonora. Grandissima indignazione, quell'anno, per la vincita, a sorpresa, come miglior film del "Crash di Paul Haggis.
Film 99 - I segreti di Brokeback Mountain
Film 1642 - Brokeback Mountain
Consigli: Romantico, ispirato e commovente, un film che non può non essere visto almeno una volta nella vita. Può piacere o meno, divide, ma porta alla luce la necessità di lasciare che l'amore sia libero per tutti.
Parola chiave: Pesca.



#HollywoodCiak
Bengi

domenica 21 marzo 2010

Film Experience: il Video Blog - Un tram che si chiama desiderio

Ebbene, ci sono cascato anche io! Non era stato certo programmato, ma spronato dalla mitica Beatreccy (http://www.youtube.com/beatreccy), ho affrontato il mio primo appuntamento audio visivo nella storia di questo blog!
Effettivamente tra lo scrivere e il parlare c'è molta differenza, sia per la fatica sia per il tempo, quindi penso che ogni tanto potrà capitare che una recensione sarà più che scritta, narrata dal sottoscritto in prima persona. Eccitati?! Io un po', alla fine c'è ancora un bel po' di imbarazzo da superare, ma vedremo di farcela!
In ogni caso, per cominciare, mi sono fatto accompagnare in questa avventura dall'esperta yotuber e truccatrice Beatrice, in arte Beatreccy e, per gli amici, Bea. Lei sì che buca lo schermo!
Spero gradirete la nostra recensione raccontata (ma anche urlata, mimata e assolutamente non troppo preparata!) del bellissimo "Un tram che si chiama desiderio", di cui già avevo scritto molto tempo fa. Un'ottima occasione per riprendere in mano una pellicola stupenda e ricordarsi perchè la adoro (adoriamo) così tanto!
Ovviamente commenti, stelline e passaparola sono sempre graditi! Ogni consiglio, opinione, risposta che vorrete darmi sarà un'ottima opportunità per migliorare la prossima volta!

Grazie Bea!

Ric