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mercoledì 13 ottobre 2021

Film 1836 - The Good Liar

Intro: Non vedevo l'ora di avere l'occasione di recuperarlo al cinema. Così, appena il multiplex di Ushuaia lo ha messo in cartellone, sono corso a vederlo.

Film 1836: "The Good Liar" (2019) di Bill Condon
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: una di quelle pellicole che sulla carta sembrerebbero promettere faville e, invece, alla fine non soddisfa appieno.
Non perché "The Good Liar" sia un brutto film - assolutamente! - solo non riesce a proporre una storia e/o un'atmosfera che valga la caratura dei suoi magnifici protagonisti Helen Mirren ed Ian McKellen. I due, a dire il vero, sembrano fatti per lavorare insieme.
In generale, comunque, questo film regala un'oretta e mezza di thriller ben recitato che presenta una storia dai molti elementi e i molteplici risvolti che, seppure non indimenticabile, almeno funziona. E - ci tengo a ribadirlo - il merito è tutto della coppia di grandissimi attori.
Cast: Helen Mirren, Ian McKellen, Russell Tovey, Jim Carter, Mark Lewis Jones, Laurie Davidson.
Box Office: $33.9 milioni
Vale o non vale: Aspettandomi molto da questo film, ammetto che il risultato finale mi abbia un po' deluso. Cioè non toglie che si tratti di un prodotto soddisfacente e di qualità, con una coppia di protagonisti che fa scintille. Il film varrebbe praticamente anche solo per loro.
Premi: /
Parola chiave: Joint account.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 8 giugno 2017

Film 1371 - Demoni e dei

Questo film mi è stato ricordato e consigliato dal mio collega al cinema. Non ricordo come siamo entrati in argomento, in ogni caso dal momento in cui sono ritornato cosciente della sua esistenza, ho tenuto a mente il pensiero che dovessi necessariamente vederlo. Non c'è voluto molto a dire il vero, la mattina successiva - senza internet a casa - ho scelto subito di recuperare questa pellicola, gentilmente fornita via chiavetta USB dal sopracitato collega.

Film 1371: "Demoni e dei" (1998) di Bill Condon
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Prima di "Mr. Holmes" Bill Condon e Ian McKellen si sono incontrati qui. Il film è bello e in parte ricorda le atmosfere della pellicola del 2015, con un McKellen sempre impeccabile nonostante un ruolo che gli ho visto interpretare già più volte. O meglio, l'impressione che ho avuto è stata quella di un'interpretazione nel complesso composta dalle tante sfumature caratteristiche cui l'attore britannico ci ha abituato nel tempo.
La parte che gli spetta - James Whale, regista omosessuale che negli anni '30 portò al cinema gli horror su Frankenstein e del quale scopro solo ora l'esistenza grazie al film - è particolarmente spudorata e richiede all'interprete una certa dose di disinibizione. La stessa trama non si nasconde dietro alcuna contraffazione e, anzi, si spinge proprio là dove penseresti (Hollywood) non sarebbe in grado di andare. Da questo punto di vista ho apprezzato il coraggio.
/ Il mix complesso di personaggi, poi, determina uno scenario interessante e non banale che gioca a prendere in giro preconcetti e cliché, riuscendo a restituire un quadro umano e per niente banale. Le fragilità e debolezze di tutti sono messe in piazza, a restituire un quadro plausibile e particolarmente sfaccettato.
L'omosessualità è uno dei temi centrali, trattato alternando momenti di grande apertura ad altri di feroce critica e derisione. Personaggi-macchietta e situazioni-cliché sono messi alla berlina grazie all'ironia del protagonista e a quel savoir-faire di McKellen che lo rende davvero perfetto per qualsiasi contesto (che si tratti di interpretare Magneto, Gandalf il grigio o un anziano gay ad un party accompagnato dal suo sexy giardiniere).
Brendan Fraser, invece, è stato francamente una sorpresa in questo tipo di prodotto. Devo dire che per il ruolo di bisteccone muscoloso a cui la sotira regala un percorso di formazione coi fiocchi l'attore è perfetto. La scena in cui si spoglia per farsi ritrarre completamente nudo - dopo aver dovuto cercare il coraggio nell'alcol - è molto umana e, tutto sommato, dolce e significativa. Mi ha particolarmente colpito. Insieme a lui va detto che anche Lynn Redgrave, nel suo ruolo di governante tutto fare, lascia lo spettatore particolarmente colpito, ma quello di Fraser è un passato recitativo di cui non sapevo niente e se n'è uscito così all'improvviso che non ero davvero preparato.
In ogni caso "Gods and Monsters" è stato un film che mi ha soddisfatto, nonostante una visione mattutina che mi sento di sconsigliare. Un film complesso, ben recitato e molto interessante sia dal punto di vista umano che come sorta di dietro le quinte di una Hollywood ancora giovane della quale oggi non è così semplice reperire testimonianze.
Ps. Candidato a 3 Oscar per Miglior attore protagonista, attrice non protagonista e sceneggiatura non originale, ha vinto per quest'ultima. Ai Golden Globes invece, sulle 3 stesse categorie, è stata Lynn Redgrave a vincere come non protagonista.
Cast: Ian McKellen, Brendan Fraser, Lynn Redgrave, Lolita Davidovich, Jack Plotnick.
Box Office: $6.5 milioni
Consigli: Un titolo curioso, una biografia inaspettata riguardo ad un regista di cui si sa poco al giorno d'oggi. Una sorta di "Ed Wood" senza Tim Burton, eppure tutta un'altra cosa. Ben realizzato, sufficientemente scabroso da risultare anche divertente, tormentato in un personaggio la cui memoria vacilla e il passato comincia a riaffiorare. Non una pellicola semplice e certamente non adatta a qualunque spettatori. Ma se siete già incuriositi, non dovreste rimanere delusi.
Parola chiave: Ricordi.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 24 giugno 2013

Film 560 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1

Procediamo sicuri verso il finale anche di questa saga. Finalmente.

Film 560: "The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1" (2013) di Bill Condon
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Di una lentezza infinita la prima parte del film (con matrimonio incorporato) e di un ribrezzo infinito la seconda (Bella anoressica al limite dello scheletro a causa della gravidanza vampira). Ma, in fin dei conti, lenta anche la seconda parte.
"Twilight" non si smentisce e riesce a raccontare quello che potrebbe avvenire in mezz'ora narrandolo per un'eternità inespressiva firmata Kristen Stewart, che questa volta viene finalmente tramutata in sbrilluccicante vampira (ma solo proprio alla fine fine, quando sei già pronto a donare un rene purché la facciano finita). 117 minuti di parte #1 sono decisamente troppi, come troppo tempo viene dedicato ad una luna di miele con sesso umano-vampiro in cui di fatto, a parte il momento coito, non succede nulla. Lei, tra l'altro, è sexy e disinvolta come una colonna del Partenone.
Il resto dei macrotemi rimangono invariati rispetto alle precedenti pellicole, con un triangolo amoroso di grandi litigi ed ormoni in conflitto ed un epilogo per Jacob che ha dell'imbarazzante. In mezzo ci sono i Volturi sempre più vicini, il branco di lupi che si sfascia, una gravidanza che corrode dall'interno e un'interminabile banalità di intreccio e dialoghi.
Il romanticismo è talmente zuccheroso che è impossibile goderselo e, personalmente, trovo veramente sconcertante come nel 2013 si possa ancora vendere la magia di una storia d'amore che parte da lei minorenne alternativa, innamorata di lui bello e tenebroso (ma poi sensibile), con annesso matrimonio allo scoccare dei 18 anni e appiccicata gravidanza di lì a qualche mese(?) o settimana(?) con, sullo sfondo, un terzo poveretto che muore d'invidia e finisce per beccarsi un bacio di ripicca - ma poi va bene a tutti, diventeremo una grande famiglia - e a finire innamorato (che poi è l'imprinting) della figlia ibrido umano-vampira di colei di cui era innamorato (ma senza l'imprinting) e il suo rivale in amore. Mi sembra una specie di storia malsana e morbosa, dove il vecchio di turno si becca sempre la bambina che ha bisogno di essere protetta e salvata. Non credo - o meglio, dal mio punto di vista non mi sembra - sia un modello felice da proporre a milioni di ragazzine mononeuroniche che non aspettano altro che trovare il 'principe azzurro'.
Mi rendo perfettamente conto che dalle storie raccontate ognuno trae le proprie conclusioni, si spera sempre in maniera matura. Di fatto, però, non riesco a non pensare che si riproponga un modello di femminilità al limite del servilismo e un concetto di relazione 'a tutti i costi' che francamente mi spaventa. Qual è il limite della propria persona in una relazione e dove la linea che demarca la rivendicazione di sé stessi a prescindere da un amore che, per quanto bello e totalizzante, dovrebbe comunque risultare un'esperienza da vivere consci della propria persona e personalità?
Non è falso scandalizzarsi o un moralismo anni '00, semplicemente mi ha lasciato perplesso come ancora non si possa prescindere dall'idea di relazione in cui sentirsi realizzati e completi quando, di fatto, un personaggio(/persona) come Bella nella propria vita ha vissuto veramente pochissime esperienze per poter scegliere qualcosa che duri l'eternità. Anche se, nell'ottica del target del film, la prospettiva di regalare al pubblico l'idea del 'per sempre' fa certamente la differenza (e gli incassi lo dimostrano: $712,171,856 al botteghino mondiale).
Per quanto, comunque, "The Twilight Saga: Breaking Dawn - Part 1" sia migliore dei precedenti due, la virata patinata che ha preso la saga rispetto al primo film della Hardwicke non mi piace e, anzi, mi sembra lampante come alla fine ci si sia concentrati solo sull'aspetto commerciale legato a questo prodotto firmato Stephenie Meyer, relegando allo sfondo qualsiasi altro aspetto della trama che non facesse parte della tripletta Bella-Edward-Jacob.
Nemmeno questo quarto capitolo mi è piaciuto e, purtroppo, ho ritrovato nuovamente replicati tutti gli aspetti negativi che già si erano evidenziati con i precedenti "New Moon" ed "Eclipse". Vedremo se la parte #2 riuscirà nel miracolo salva-"Twilight".
Ps. Una cosa che ho trovato molto divertente riguarda l'imprinting, qui usato per spiegare il momento in cui un lupo si lega inesorabilmente per la vita alla sua compagna, una specie di amore-oltre, qualcosa di imprescindibile una volta che si è verificato. Recentemente e per puro caso ho scoperto che l'imprinting è un fenomeno studiato in maniera maggiore legato agli uccelli: al momento della schiusa il pulcino è naturalmente portato a seguire la prima cosa movente che apparirà nel suo campo visivo, identificandola come 'madre'.
Non so se la Meyer fosse conscia dell'aspetto scientifico legato al concetto di imprinting (credo sinceramente di sì), ma in ogni caso secondo me - casuale o no - la dice lunga sull'idea di 'amore' che ha e vende l'autrice.
Film 538 - Twilight
Film 1998 - Twilight
Film 547 - The Twilight Saga: New Moon
Film 555 - The Twilight Saga: Eclipse
Film 560 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1
Film 562 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2

Consigli: Da vedere solo legato ai precedenti capitoli dell'interminabile saga. Non è il peggiore di tutti, ma comunque non è una pellicola che rivedrei o mi sentirei di consigliare se non per farsi qualche risata ai danni del fenomeno "Twilight". Tecnicamente è anche curato (gli effetti speciali comunque non mi piacciono), ma per quanto riguarda trama e recitazione non siamo nemmeno ai minimi sindacali.
Parola chiave: Renesmee.

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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 7 novembre 2010

Film 168 - Dreamgirls

Ancora costretto in casa per i sintomi influenzali, mi concentro sul cinema in compagnia di Marco e del primo film... della serata!


Film 168: "Dreamgirls" (2006) di Bill Condon
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Bello bello bello! Che carica, che grinta! E che voci! Un musical (ma qui si parla anche) di grande impatto che ripercorre la carriera delle Dreamettes tra successi e cadute. Storie di relazioni di amicizia e amore, di sogni e illusioni, tristezza e rivincite. Tutto questo ispirandosi al gruppo musicale che fu trampolino per Diana Ross, le Supremes.
Beyoncé Knowles/Deena Jones recita in un ruolo che pare cucito sulla sua di vita, dall'amicizia infantile con la compagna di gruppo (nella realtà con Kelly Rowland), al numero di componenti del gruppo stesso (3, come nelle Destiny's Child) al fatto che sia la leader del trio, che sposi un produttore musicale (Jay-Z è soprattutto rapper però) e che tenti la via della recitazione. A parte queste coincidenze, il merito di non aver reso banale, se non proprio di aver rovinato, una parte a cui, invece, ha saputo dare una buona prova attoriale evitando la monoespressività quale unica scelta possibile. Buono anche il lavoro su sé stessa (si dice abbia perso un bel po' di peso per la parte), tra sopracciglia ruspanti, parrucche mortificanti e certi vestitini che imbrazzerebbero anche la Carrà.
Stupenda l'esordiente (e subito Oscar) Jennifer Hudson che impressiona il pubblico con la sua voce potentissima (eraarrivata settima ad "American Idol") e dona al personaggio di Effie White uno spessore ed una caratterizzazione da attrice consumata. La sua voce le apre la porta per il vero successo e grazie a questo "Dreamgirls" conoscerà la fama mondiale che si merita. Davvero un talento straordinario!
Infine il grande miracolato Eddie Murphy che, grazie a questa pellicola, riceve la sua prima (e probabilmente unica) nomination all'Oscar proprio nel periodo dello scandalo con la Spice Mel B che lo imputa quale padre di sua figlia (si rivelerà corretto). Grande stupori da gossip a parte, il ruolo del sig. Murphy - che già miracolato nella vita lo era stato diventando famoso solo per una risata - nei panni del cantante James 'Thunder' Early riscuote tantissimi consensi, tanto da fargli vincere il Golden Globe.
Il resto del film è una carrellata di musica black, sentimenti espressi cantando, balletti da disco music e vestiti di sbrilluccicanti paillettes. E' bello, ben riuscito, con canzoni che rimangono saldamente ancorate alla memoria, divertente e coinvolgente. Bill Condon (regista del film "Kinsey", premio Oscar per la sceneggiatura di "Demoni e dei" e scrittore anche del più celebre "Chicago" di Rob Marshall) regge bene la regia impegnativa di un film del genere, così legata alla mimica facciale di attori che per esprimersi cantano. Non è facile reggere una performance che dura minuti con solo la possibilità di farsi capire tramite gli occhi. Il momento più d'impatto (e la regia è oculata, giostrandosi tra varie carrellate e visuali aeree che aprono l'occhio dello spettatore e aiutano a dare un senso figurato più ampio) coincide sicuramente con la struggente "And I Am Telling You I'm Not Going" cantata dalla Hudson, che regala brividi e, forse, pure qualche lacrima.
L'insieme è davvero una pellicola ben riuscita e, nel suo genere, è uno dei musical che preferisco (dopo "Moulin Rouge!", ovviamente!).
Consigli: Preparatevi prima la colonna sonora e imparatela bene: cantare le canzoni man mano che si susseguono nel film è davvero molto soddisfacente!
Parola chiave: "One Night Only".




Ric